Imprenditore tentò suicidio Nuove indagini sull’ex socio 

No alla richiesta di archiviazione per l’accusa di circonvenzione di incapace La moglie ha denunciato un presunto raggiro che li lasciò senza soldi né casa

Ancora un “no” alla richiesta di archiviazione per l’ex socio dell’imprenditore che due anni fa tentò di uccidersi sulla spiaggia di lungomare Colombo, conficcandosi un coltello nell’addome. Il giudice delle indagini preliminari Maria Zambrano ha disposto nuove indagini sulla denuncia che la moglie del 52enne A.C. ha presentato nei confronti dell’ex socio e di un avvocato, accusati di circonvenzione d’incapace perché avrebbero approfittato di un disturbo psichico dell’imprenditore per mettere in atto un raggiro che lo ha lasciato senza casa né soldi.
All’origine della vicenda ci sarebbe una cartella esattoriale di 400mila euro recapitata all’azienda di derattizzazioni e disinfestazioni gestita dal 52enne. Il socio gli avrebbe proposto di saldare il debito con l’erario vendendo le rispettive case, ma ad essere venduta fu solo l’abitazione di A.C., a un prezzo di 290mila euro di molto inferiore a un valore di mercato calcolato in 400mila euro. Nella denuncia presentata, per conto della famiglia, dagli avvocati Francesco Oliveto e Antonio Ferrari, si spiega inoltre che tra la firma del contratto preliminare e la conclusione della compravendita l’imprenditore avrebbe sottoscritto un atto che gli sottraeva ogni profitto di quell’operazione, firmando in favore del socio (e alla presenza di un avvocato) una ricognizione di debito di 150mila euro, differenza esatta tra il prezzo di vendita dell’appartamento e il residuo del mutuo. Perse tutto: casa, soldi, lavoro. E quando nell’aprile del 2015 tentò il suicidio lasciando un biglietto in cui diceva di essere stato raggirato, la famiglia decise di presentare denuncia per chiarire cosa fosse davvero accaduto.
Dopo la prima richiesta di archiviazione formulata dal sostituto procuratore Elena Cosentino, già un anno fa il gip aveva disposto un approfondimento d’indagine. Alla Procura fu chiesto di nominare un consulente per un accertamento psichiatrico, per verificare se il 51enne fosse nelle piena possibilità di intendere e volere quando firmò l’atto di ricognizione di debito. Fu inoltre disposto un accertamento contabile per verificare se quei soldi, finiti nelle tasche dell’ex socio, siano stati davvero utilizzati per estinguere i debiti dell’azienda. Acquisiti quegli elementi il giudice ha detto ora un altro “no” alla richiesta di archiviazione, disponendo che sul carteggio fornito da Equitalia sia elaborato un documento sintetico che evidenzi se è vero – come sostiene la parte offesa – che furono versati solo 34mila euro. La verifica dovrà essere completata entro un mese, poi si tornerà in udienza.
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