LA STORIA

«Il virus, poi le bollette Gli usurai fanno affari»

Un ristoratore in forti difficoltà denuncia e fa rinviare a giudizio due persone

SALERNO - È come il cane che si morde la coda. Perché rivolgersi agli usurai non è mai un affare, se non per chi presta i soldi. Il bisogno disperato di liquidità e l’impossibilità di rivolgersi alle banche, spesso a causa di piccoli ma insormontabili problemi, come l’essere iscritto nel registro dei cattivi pagatori per una rata versata in ritardo, spesso fa fare il passo più lungo della gamba. E alla fine, chi si trova a chiedere i soldi a strozzo, sprofonda il più delle volte in un pozzo senza fondo: il debito non viene mai estinto e i soldi restituiti servono a malapena a coprire gli interessi. Una storia triste comune a tanti “disperati”, compreso un ristoratore salernitano che, però, ha trovato il coraggio di ribellarsi. Con l’aiuto dell’Associazione Sos antiracket antiusura, infatti, è riuscito a rompere il muro d’omertà che, molto spesso, è il principale alleato dei “cravattari”. E assistito dall’ufficio legale dell’Associazione, coordinato dal penalista Antonio Picarella , ha ottenuto il rinvio a giudizio dei due presunti usurai, che ora dovranno rispondere, dinanzi al I collegio della I Sezione penale del Tribunale di Salerno, dei reati di usura e tentata estorsione.

Il prestito e il Covid. Tutto ha inizio nel 2018, quando il ristoratore, per motivi personali, ha un improvviso bisogno di liquidità. Impossibile, tuttavia, rivolgersi ai canali ufficiali del credito, per via di qualche problema con le banche. Così l’imprenditore decide di accettare l’aiuto di due “privati” che gli concedono quanto richiesto: circa 20mila euro. Gli interessi da pagare, tuttavia, sono alti: il 10% ogni mese. La necessità, tuttavia, obnubila la mente e la ragione, e il ristoratore accetta il prestito, convinto di riuscire a risolvere nel più breve tempo possibile i suoi problemi economici e ad estinguere velocemente il suo debito. Non aveva fatto i conti con la pandemia, che come un macigno s’abbatte un anno e mezzo più tardi sull’intero pianeta, provocando l’emergenza sanitaria e il conseguente lockdown.

La disperazione, la scelta. La chiusura di tutte le attività, dunque, fa piombare il ristoratore - che nel frattempo aveva onorato le scadenze, anche se si era ben presto reso conto che le somme restituite servivano a malapena a coprire gli interessi – in un nuovo baratro. Perché non potendo lavorare non può nemmeno incassare i soldi necessari a pagare le rate. Messo con le spalle al muro decide di giocare l’ultima carta rimasta: si rivolge, nell’estate del 2020, all’Associazione Sos antiracket antiusura, chiedendo aiuto. Racconta le sue vicissitudini e trova un valido alleato. L’Associazione, guidata dal presidente Tommaso Battaglini , lo affianca nella sua battaglia, convincendolo a denunciare e offrendogli assistenza legale.

La paura di denunciare. Per una storia che potrebbe avere il classico lieto fine, ce ne sono tante altre che restano sconosciute. In un solo anno, nel Salernitano, infatti, sono ben 4 le denunce per usura inoltrate tramite l’Associazione. Ma potrebbero essere molte di più, perché prima la pandemia e poi l’aumento indiscriminato dell’energia hanno messo in ginocchio l’economia e in difficoltà tanti imprenditori. «Con la crisi – evidenzia Battaglini – c’è un vero e proprio allarme usura. Perché molti imprenditori, trovandosi in difficoltà economica, non hanno nemmeno i requisiti per avere l’accesso al credito bancario». Per questo motivo tentano la via “alternativa” chiedendo prestiti a persone sena scrupoli. Non tutti, purtroppo, denunciano le angherie. «A noi si rivolgono – spiega Battaglini - anche soggetti che sono in forte stato d’indebitamento. E molto spesso non si aprono ad un eventuale denuncia, lì dove hanno ricevuto prestiti importanti. Lo fanno capire ed è ovvio che è una scelta persona che deve essere maturata e decisa anche in ambito familiare. Perché molto spesso nascondo i loro problemi anche in famiglia. E solo quando si rendono conto che tutto è perduto, si decidono a denunciare».

L’appello dell’Associazione. Invece converrebbe intervenire prima. «Come Associazione – puntualizza Battaglini – consigliamo di rivolgersi a noi al più presto, non solo per mettere in moto la giustizia ma pure per attivare tutti i canali previsti per le vittime di usura ed estorsione, come l’accesso al fondo di solidarietà e la sospensione dei termini di esecuzione ». Trovare il coraggio non è mai semplice, in quanto ci si trova di fronte a combattere non solo con le proprie paure ma pure con la consapevolezza di ammettere il proprio fallimento, di fronte alla famiglia e agli amici. «Ci sono tanti – sottolinea Battaglini - che dapprima chiedono informazioni ma poi spariscono improvvisamente. In pratica non vogliono andare più avanti, perché non trovano il coraggio e preferiscono sprofondare anziché provare vergogna. La decisione non è facile, e solo chi è pienamente convinto, decide di andare fino in fondo».

Gaetano de Stefano