emergenza incendi 

Il vescovo chiede un atto di penitenza durante messe

«Ti chiediamo perdono perché abbiamo consentito che i beni naturali del tuo grande Creato siano diventati merce di scambio per il profitto di pochi»: è uno dei passaggi dell’atto penitenziale che la...

«Ti chiediamo perdono perché abbiamo consentito che i beni naturali del tuo grande Creato siano diventati merce di scambio per il profitto di pochi»: è uno dei passaggi dell’atto penitenziale che la comunità ecclesiale di Nocera Inferiore-Sarno reciterà durante le messe di domani, dopo la sciagura degli incendi che si è abbattuta su tutta la Campania. «L’uomo fa male a se stesso e non se ne accorge. Dietro tutto questo c’è un uomo inquieto, che ha perso se stesso, che ha perso Dio», il commento di monsignor Giuseppe Giudice. Il vescovo ha chiesto di pregare per la salvaguardia del Creato. Forti i passaggi del testo preparato dall’ufficio liturgico: «Gli eventi disastrosi dei giorni scorsi – ha commentato il direttore, don Piercatello Liccardo – impongono una riflessione attenta sul ruolo che, come cittadini e come cristiani, viviamo o dovremmo vivere rispetto alla cura e alla salvaguardia del Creato». Nell’atto penitenziale si chiede scusa per le volte in cui invece di «custodire l’opera» divina, la si è «usata come esclusiva proprietà e a nostro piacimento»; per ogni volta che si contribuisce a inquinare la terra «mediante azioni quotidiane di sfruttamento»; perché «abbiamo venduto l’acqua, abbiamo inquinato terreni e frutti, abbiamo sciupato paesaggi e mari. Ci siamo allontanati dal tuo progetto divino di mettere il creato a servizio di tutti i tuoi figli e ne abbiam fatto occasione di guerra e di morte». Non solo accusa e scusa, ma soprattutto preghiera. In quella dei fedeli si reciterà, tra l’altro, un’orazione per l’umanità affinché «sappia abitare con responsabilità la terra e riconosca nei suoi beni la tua bellezza», e una per la conversione del «cuore degli uomini che per fini economici e criminali oggi inquinano e distruggono la bellezza che hai messo nelle nostre mani». (s. d’a.)
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