Il vescovo alle istituzioni «Aiutate i nostri ragazzi»

Nocera, il richiamo di monsignor Giudice ad aziende, enti e parrocchie «Cifre impietose nell’Agro: mobilitarsi tutti e in fretta per ridare la speranza»

NOCERA INFERIORE. Un’analisi realista, dura, ma non priva di speranza. Guai se così non fosse. Un discorso rivolto alle istituzioni, al mondo dell’economia e ai giovani quello che, ieri mattina, il vescovo della diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, monsignor Giuseppe Giudice, ha pronunciato in una gremita cattedrale di San Prisco. “Giovani, fame di fiducia e di futuro” il tema trattato, che ha anche toccato argomenti come le difficoltà occupazionali e le tribolazioni di piccole e medie imprese.

«Tra i grandi maestri che hanno educato alla speranza ci sono i contadini, gli artisti, gli scienziati, soprattutto le madri. Ma anche gli imprenditori – scrive il presule – che stanno soffrendo molto, soprattutto quelli medio-piccoli». Allo stesso tempo costoro devono essere stimolo e accompagnamento per le nuove generazioni: «Speranza è aiutare i giovani a essere imprenditori, cioè uomini e donne capaci di investire, sperare, continuare, senza farsi bloccare da false illusioni o chi dice che non è il momento».

Strumento da sfruttare potrebbe essere il Progetto Policoro che la Chiesa italiana porta avanti coniugando il trinomio giovani, Vangelo e lavoro. Iniziativa utile perché «ci può essere ancora un’Italia capace di recuperare le piccole cose e farle diventare grandi». Monsignor Giudice si interroga anche sulla fuga dei cervelli, «per i giovani forse la speranza si è trasferita all’estero?», riportando impietose statistiche. Un riferimento poi è per le «condotte a rischio»: droga, delinquenza, emarginazione, che probabilmente «rappresentano la ricerca di una sponda». «Con questi atteggiamenti – prosegue – i giovani sollecitano riconoscimento, comprensione del fatto che questi comportamenti sono segno di una grande sofferenza».

Così l’appello alle istituzioni: «Si devono mobilitare tutte, presto e bene, perché si accostino ai giovani non per condannarli, ma per ascoltarli». Alle parrocchie: «Ridiventino luoghi educativi capaci di accogliere le fragilità e i sogni dei giovani». Agli oratori, perché siano «laboratori di talenti». «Il nostro primo compito – aggiunge – sta nel convincere i giovani di quanto la loro esistenza sia preziosa». Il vescovo ha pure parlato di famiglia, che va riconosciuta come «luogo naturale e insostituibile di generazione e rigenerazione della persona»; dei figli, i cui diritti «vanno riconosciuti e tutelati sempre»; dei furbetti: «Se uno spot progresso condanna il “parassita sociale” e quello successivo spinge al gioco d’azzardo, i due segni si annullano. La vera lotta all’evasione si chiama coerenza». Ai giovani, poi, chiede di «essere profeti della civiltà della speranza», ricordando che «non si esce da nessuna crisi se non ci si esercita nell’arte dell’attesa di una salvezza». E infine, con Papa Francesco, gli dice: «Non fatevi rubare la speranza!».

Salvatore D’Angelo

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