Il tunisino arrestato non era uno scafista «Io, inseguito dall’Is»

Si era imbarcato per sfuggire alle violenze degli estremisti «Siamo stati abbandonati in mare, ho guidato per salvarci»

Non era uno scafista ma una vittima, inseguito dall’Is e costretto dalla disperazione a prendere il timone di un barcone alla deriva, quando l’acqua iniziava a bagnare i piedi e il rischio era quello di finire travolti dalle onde. Nasreddine Lachech, 29 anni, tunisino, era stato arrestato martedì sera, perché i miliari della Marina che avevano soccorso i migranti lo avevano trovato alla guida della “carretta” del mare. Ieri la Procura ha chiesto la convalida del provvedimento, indicandolo come l’organizzatore del viaggio, ma il gip Stefano Berni Canani lo ha invece scarcerato per mancanza di gravi indizi di colpevolezza, dopo aver ascoltato a lungo il drammatico racconto della traversata e aver raccolto le testimonianze di alcuni migranti che hanno confermato la sua ricostruzione.

Nasreddine ha pagato anche lui: 1.500 dollari agli aguzzini, che sono andati a prenderli nel deserto a bordo delle camionette, li hanno portati nei campi in Libia e poi li hanno caricati su un’imbarcazione lasciandoli soli mezz’ora prima di entrare nel raggio d’azione della Marina italiana. «Se ne sono andati a bordo di un’altra barca che ci aveva seguito – ha spiegato il 29enne al giudice – Hanno dato a me qualche indicazione veloce su come guidare se volevamo metterci in salvo e io ho preso il timone, sperando di farcela». E dire che lui quel viaggio nemmeno avrebbe voluto farlo. Così ha raccontato al giudice, spiegando che in Libia ci era andato per lavorare come operaio carpentiere, ma che una sera gli estremisti dell’Is lo avevano picchiato a sangue perché aveva bevuto e gli avevano tolto il passaporto. «Non potevo più tornare a casa, se avessi provato a passare il confine mi avrebbero ucciso – ha dichiarato – Così ho pensato di tentare l’avventura verso l’Italia». Al gip che gli chiedeva di collaborare con la giustizia ha ricostruito tutti i dettagli del reclutamento, indicando nomi, origini e luoghi di lavoro delle due persone a cui sono stati pagati i soldi per la traversata. Sarebbero loro i veri scafisti, quelli che organizzano la tratta dei migranti mercanteggiando in vite umane. I loro nomi sono sugli atti che il giudice ha ritrasmesso al sostituto procuratore Maria Chiara Minerva insieme al provvedimento di scarcerazione, ma che si possa arrivare a rintracciarli è una speranza troppo labile.

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