IL COMMENTO

Il triste rito dell’Hikkikomori e il male di vivere dei giovani

Di Alessandro Turchi

Il nostro punto di partenza è la visita all’Università di Salerno e al Comune, dove è stata ricevuta dal Sindaco Vincenzo Napoli, di Banana Yoshimoto, famosa scrittrice giapponese tradotta in decine e decine di lingue. Un’intellettuale non amata da tutti, ma sicuramente capace di descrivere, nei suoi vendutissimi e raffinati romanzi, il mondo dei giovani giapponesi della nostra epoca, frustrati, emotivamente condizionati, soli. Una gioventù, quella raccontata da Banana Yoshimoto, psicologicamente sfinita e soggetta ad esperienze emotive sconosciute nei secoli passati.

Questa visita dall’estremo oriente ha dato lo spunto, a chi scrive, di portare l’attenzione su un fenomeno, pure riguardante il mondo giovanile, il cosi detto Hikkikomori, anch’esso proveniente dal Giappone, ma purtroppo presente massicciamente anche da noi. Parliamo dell’autoreclusione volontaria, ben descritta, ad esempio, da Matteo Lancini ne “La solitudine di una generazione iperconnessa”, con riferimento al dramma di milioni di giovanissimi che manifestano un evidente disagio sociale e la paura di fallire, chiudendosi letteralmente nelle loro camerette e allontanandosi dal mondo della scuola, dalla famiglia, dagli amici, in buona sostanza dal loro futuro.

Sono tantissimi, più di quanto possiamo immaginare, e non stiamo descrivendo scenari di aride periferie, né situazioni legate agli alienanti sobborghi di Los Angeles, parliamo di casa nostra. Giovani che, come conseguenza del malessere di vivere, si chiudono al mondo, interrompono gli studi, la scuola, l’università, relazioni avviate, per trascorrere tutto il tempo in camera, dove arrivano perfino a consumare i pasti, completamente isolati dal mondo e dagli affetti.

Unica finestra aperta sulla vita i loro devices. I perché di questa triste realtà sono facilmente intuibili, sono le conseguenze di una società del cambiamento perenne, della precarizzazione infinita, della liquidità, come diceva Bauman, una società ed un contesto di vita che annulla tutte le certezze ed i punti fermi. In Italia secondo stime recenti sono oltre centomila i ragazzi e le ragazze soggette a questo fenomeno, ma è un numero destinato a crescere e a influenzare anche le stesse dinamiche scolastiche.

Mentre a Salerno si continua a dibattere stucchevolmente sul “cellulare si o cellulare no” in classe, in altre zone del Paese, come in Piemonte, si firmano protocolli di intesa fra USR, Regione e associazioni, per far conoscere il fenomeno e prevedere che le scuole non procedano, in caso di troppe assenze, alla bocciatura automatica.