Il tabernacolo rinascimentale di S. Giovanni

Nella chiesa di Eboli è conservata una pregevole testimonianza di scultura sacra attribuita al napoletano Santacroce

EBOLI. Nel cuore del centro storico cittadino vi è la chiesa di San Francesco che si erge in posizione sopraelevata sulla città contemporanea, l’alta mole del suo campanile è visibile da ogni lato. Nell’ampia navata unica dell’aula sacra vi è un pregevole Tabernacolo eucaristico rinascimentale. Si trova addossato alla parete di fondo della chiesa, alle spalle dell’altare maggiore, nascosto alla vista dei fedeli. È la parte superiore del rinascimentale Altare del SS. Sacramento, sulla cui mensa poggia appunto la predella marmorea del bassorilievo scolpito. È una notevole testimonianza di scultura: è parte integrante di una produzione marmorea che, a partire dalla seconda metà del Quattrocento, in Toscana, poi a Roma e nel resto della penisola italiana, appartiene alla migliore scultura sacra rinascimentale.

È un arredo liturgico importante. Conteneva le ostie consacrate, ma che in seguito alle disposizioni del Concilio di Trento, dopo il 1563, come tutti gli altri tabernacoli eucaristici, è stato poi utilizzato per custodire oli santi per i sacri riti. È un’opera che ci riporta alla cultura artistica toscana, fiorentina, ma anche romana, con riferimenti generali ai grandi maestri e ai momenti più alti della civiltà figurativa rinascimentale: il richiamo è certamente a Desiderio da Settignano, a Mino da Fiesole, Andrea Ferrucci, ai Gagini, a Girolamo Santacroce. Luigi G. Kalby attribuì l’opera alla bottega di Jacopo Della Pila, ma la frettolosità e la superficialità con la quale lo studioso espresse tale paternità oggi non ha più ragione di essere presa in considerazione, deve essere decisamente respinta. Nel tabernacolo non compaiono modi stilistici riconducibili al Della Pila. Iconograficamente, ai lati della porticina che chiude il vano che conteneva le ostie, vi sono due angeli adoranti, sopra vi è la colomba dello Spirito Santo. Nella parte alta della volta a botte vi sono angeli che sorreggono il velo della Veronica. Gli angeli sembrano appartenere alla mano e/o alla bottega dello scultore Girolamo Santacroce.

L’anatomia e il panneggio dei vestiti degli angeli sono molto curati, la stessa cosa vale per la resa plastica dei loro capelli, con il motivo dei riccioli ottenuti con il trapano da scultore. Sono vicinissimi ai modi scultorei propri del Santacroce. L’angelo in adorazione sulla destra ricalca modi plastici e di stile che ritroviamo nella statua a tutto tondo della “Prudenza” nella chiesa napoletana di S. Pietro Martire, opera del Santacroce. Inoltre, ed è cosa fondamentale ai fini attributivi, la trabeazione, o fregio superiore, del tabernacolo ebolitano riporta un motivo decorativo continuo, con teste di cherubini intervallate da frutti, a bassorilievo, che è del tutto simile a quello presente su un mutilo frammento di architrave appartenente alla tomba del giureconsulto Antonio De Gennaro nella predetta chiesa partenopea di S. Pietro Martire, opera dello scultore Santacroce. Il De Gennaro morì nel 1522. Per comparazione cronologica e stilistica, non è azzardato affermare che davvero il tabernacolo eucaristico rinascimentale ebolitano in S. Francesco sembra essere un’opera di Girolamo Santacroce e della sua bottega. Esso potrebbe ben datarsi all’incirca allo stesso periodo in cui l’artista lavorava alla tomba dell’illustre giureconsulto partenopeo, o anche qualche anno dopo. Altri tabernacoli eucaristici rinascimentali, tutti entro il primo trentennio del XVI secolo, sono in chiese di Postiglione, Petina e Serre.

Gerardo Pecci

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