l’analisi

Il sociologo Apolito: «È un marchio di affermazione»

Quello dei “writer” è un fenomeno assolutamente universale. E Salerno che non fa certamente eccezione con i suoi muri imbrattati da “opere” più o meno belle, spesso orrende. Ma chi sono i writer...

Quello dei “writer” è un fenomeno assolutamente universale. E Salerno che non fa certamente eccezione con i suoi muri imbrattati da “opere” più o meno belle, spesso orrende. Ma chi sono i writer nostrani? Prova a tracciare un loro identikit il professore Paolo Apolito, ordinario di Sociologia all’Università degli Studi di Salerno.

«Sono ragazzi, semplicemente ragazzi. I graffiti sono esistiti fin dalla preistoria e hanno significati ben precisi che di epoca in epoca sono rimasti più o meno gli stessi. Gli autori delle “opere”, siano esse belle o brutte, vogliono non solo uscire dall’anonimato, ma acquisire un prestigio nel loro gruppo. Nella loro cultura, o subcultura, quelli che a noi appaiono degli strani segni o parole senza senso, sono il loro marchio distintivo, la loro firma».

O anche un linguaggio in codice...

«Identifica un gruppo ben preciso e solo i membri di quel gruppo possono capirlo appieno . È totalmente vietato agli estranei, a coloro che vengono considerati “altro” dal gruppo».

Poi c’è il fascino del rischio.

«Certo, il naturale gusto della sfida, di essere riuscito a lasciare la propria “traccia”». Per quanto riguarda Salerno, lei pensa che alcune di queste scritte abbiano, per alcuni gruppi, il significato di un vero e proprio marchio del territorio?

«No, non c’è una territorialità, o quantomeno io non l’ho riscontrata. Non sono scritte che servono a marcare un territorio, come si fa in altre città dove vige la cultura delle gang, dove i graffiti diventano segni distintivi di limiti da non oltrepassare. Sono soltanto del “marchi” che l’autore, in cerca di autoaffermazione, lascia sparsi per la città».

A volte, le scritte diventano dei veri e propri attacchi ad una persona specifica.

«Anche qui non si verifica niente di nuovo. I muri in questo caso servono a comunicare antipatia, così come è facile trovare davanti alle scuole molte scritte rivolte a una ragazza in particolare, dichiarazioni di amore, richieste di perdono e quant’altro. È un fenomeno normale. Paragonabile, in piccolo, a quanto appare quotidianamente sulle bacheche di Facebook, che vengono ormai perennemente utilizzate dai giovani come muri sui quali scriversi dichiarazioni, sia di amore sia di battaglia, battute e sfottò». (v.n.)

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