Il risorgimento nel Salernitano: il ruolo dei deputati contro Ferdinando II

Il 1848 per Conforti, Matina, Magnoni e tutti coloro che combattevano la lunga guerra risorgimentale, da una parte e dall’altra della barricata, fu un anno decisivo. Guerre e rivoluzioni, parlamenti e movimenti politici, canzoni e giornali trasformarono il continente e sconvolsero il sistema conservatore che aveva avvolto l’Europa dopo la fine delle guerre napoleoniche. Salerno e la sua provincia furono coinvolte e per molti aspetti protagoniste di quell’esperienza esaltante e drammatica in cui molti scoprirono (o ritrovarono) il gusto per la politica, alcuni pensarono di coronare un sogno trentennale, altri ancora videro materializzarsi un fantasma che ne avrebbe sconvolto il loro vecchio mondo di appartenenza. Ancora una volta fu il Cilento al centro della rivoluzione salernitana (lo vedremo nella prossima puntata). Ma un ruolo importante ebbero il resto della provincia e il capoluogo, dove emersero personalitá politiche di primo piano nella battaglia costituzionale e liberale. La rivoluzione a Salerno iniziò alla metá di gennaio del ’48. Era esplosa a Palermo e dilagata in Sicilia.

• I liberali napoletani, in relazione con quelli siciliani, decisero di iniziare la rivolta nella loro roccaforte, il Cilento. La decisione, presa a Napoli il 13 gennaio, fu comunicata al comitato salernitano la sera del 14. In una riunione nella casa del vecchio cospiratore Giuseppe Catarina il comitato (composto da Costabile Carducci, Giovanni Centola, Matteo Luciani, Federico della Monica, Ernesto del Mercato e molti altri) inviò Carducci nelle aree interne. Iniziò qui la rivolta. Quando le truppe borboniche si dirigevano a Capaccio per reprimerla, a Salerno si tenne una grande dimostrazione, con una sfilata per la marina (dove c’è ora la provincia). La cavalleria borbonica di stanza nel capoluogo rispose caricando il corteo (ferendo molti, tra gli altri il professore di diritto Francesco Romano e Michele Pironti).

• Un atto inutile. Il Re, il giorno prima, era stato costretto a concedere la Costituzione. Da quel momento anche nel capoluogo fu un crescendo di manifestazioni, culminato il 25 marzo con la sfilata di 800 Guardie Nazionali salernitane che, dalla marina fino al cimitero, festeggiarono quella che si pensava una nuova era. Pochi giorni dopo veniva eletto il parlamento costituzionale, culmine del presunto trionfo liberale. Nel collegio salernitano vinsero praticamente ovunque candidati liberali o di sinistra (mentre il salernitano Conforti era diventato Ministro dell’Interno). Fu una vittoria fugace perché, dopo la giornata di sangue del 15 maggio, a cui parteciparono tanti salernitani sulle barricate di Napoli, iniziò la reazione borbonica che avrebbe portato all’abolizione della Costituzione. Eppure, tra i profili di alcuni di questi parlamentari, possiamo trovare una delle espressioni più alte della politica e della cultura salernitana dell’ottocento: Giovanni Avossa di Salerno, Filippo Abignenti, scelto dagli elettori di Sarno, Michele Pironti, eletto nella Valle dell’Irno. Pironti (la famiglia era originaria di Ravello ma lui era cresciuto a Montoro) era un avvocato di fama tra i più celebri del foro di Salerno, conosciuto anche per la vasta cultura letteraria e la collaborazione a riviste scientifiche di tutto il Regno. Gli altri parlamentari erano uomini del calibro di De Dominicis, Conforti, Bottiglieri, Giannattasio, Mazziotti, Bellelli che incontreremo ancora.

• Anche Avossa era un avvocato popolarissimo a Salerno e in provincia. Abignenti, invece, era insegnante di Letteratura latina e di filosofia ed un altro originale esempio di un clero liberale e antiborbonico che spesso abbiamo incontrato nella storia del Risorgimento salernitano. I tre erano stati in prima linea negli anni passati nella diffusione (ed organizzazione) delle idee liberali ed ora vivevano il sogno di trasformare il Regno di Napoli in uno Stato moderno. Pironti fondò a Salerno La Guida del Popolo, un giornale tra i più dinamici, capace anche di affrontare le complesse questioni sociali che si delinearono nelle prime imprese (soprattutto a Cava e nella Valle dell’Irno) e soprattutto nelle campagne napoletane. Avossa organizzò la Guardia Nazionale del capoluogo, Abignenti fu intransigente rinnovatore delle leggi ecclesiastiche. Diventati deputati nel secondo (ed ultimo) tentativo di formazione di un parlamento napoletano, si schierano con decisione contro la svolta autoritaria di Ferdinando II e si impegnarono in una netta opposizione parlamentare. Sciolta la Camera e ritirata la Costituzione dal Borbone, furono esposti alla dura repressione borbonica. Avossa fu arrestato ed iniziò a passare da un carcere all’altro, fino a quando riuscì a recarsi in esilio a Malta. Anche Pironti, processato e condannato, passò 10 anni nelle terribili carceri borboniche (con Poerio, Castromediano e il teggianese Vincenzo Dono).

• Solo Abignenti riuscì a fuggire dal Monastero in cui era stato confinato, imbarcandosi su un piroscafo francese e giungendo in Piemonte, dove brillò per la sua cultura ed erudizione. La stessa sorte toccò a quasi tutti gli altri parlamentari salernitani. Fu la conferma della definitiva rottura tra la Dinastia borbonica e la classe dirigente più colta e impegnata del Regno. Dieci anni dopo le parti si rovesciarono, iniziò la crisi finale del Regno delle Due Sicilie. Gli esuli salernitani tornarono per completare il lavoro interrotto nel 1848, impegnandosi a sostituire le vecchie istituzioni con le nuove. Abignenti, che aveva lasciato il sacerdozio, tornò nel Regno e fu nominato dal Governo garibaldino nel Ministero della Pubblica Istruzione. Avossa si occupò della suprema corte di Giustizia di Napoli. Solo Pironti, distrutto dal lunghissimo carcere, non poté partecipare da protagonista a quella intensa estate, ma fu comunque impegnato nella Corte suprema di Napoli. Sofferenze e sacrifici, carcere ed esili alla fine avevano pagato.

• Tutti e tre i salernitani, dopo l’Unitá, furono esponenti di primo piano della politica e dei parlamenti nazionali: Avossa, eletto a Salerno con un plebiscito, fu nominato responsabile del Dicastero di Grazia e Giustizia nella Luogotenenza del Principe di Carignano, ma oramai anziano ed esausto, morì nell’estate del ’61. Pironti, schierato con la destra storica, fu deputato e senatore, si occupò del riordino e dell’unificazione della magistratura e dell’ordinamento giudiziario, diventando Procuratore Generale della Cassazione e Ministro di Grazia e Giustizia. Abignenti, saldamente collocato a sinistra, fu eletto ben 6 volte deputato nel collegio di Angri, fu vice presidente della Camera, impegnato in prima fila nella intricata vicenda dei rapporti tra Stato e Chiesa. La loro vittoria era la dimostrazione fisica di come il Borbone avesse respinto la parte migliore del vecchio regno e la prova che le basi dell’Unitá erano nella scelta della migliore classe politica meridionale di voler progettare e costruire la nuova nazione.

* Docente di Storia  contemporanea facoltà di Lettere e Filosofia dell’Universitá di Salerno

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