«Il rischio alluvioni resta alto a Salerno» Sos degli ingegneri

Il docente universitario Paolo Villani lancia l’allarme «Fatti come quelli del 1954 possono ripetersi ogni 70 anni»

«Le probabilità che un’alluvione come quella del 1954 si verifichi di nuovo nello stesso raggio d’azione sono molto elevate. Fenomeni come quelli, con oltre 500 millimetri di pioggia, possono verificarsi ogni 70-80 anni». Il rischio, dunque, è alle porte. A sostenerlo, dati alla mano, è il professor Paolo Villani, direttore del Cugri, il consorzio interuniversitario tra gli atenei di Salerno e la “Federico II” di Napoli per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi che ieri, nella sede dell’ordine degli Ingegneri, ha animato la tappa salernitana del seminario diffuso promosso dal Consorzio interuniversitario per l’idrologia (Cinid) e il gruppo italiano di idraulica (Gii) nell’anniversario dei 50 anni dell’alluvione di Firenze. Facendo due calcoli, abbiamo tra i dieci e i vent’anni di tempo per mettere in sicurezza dal rischio idrogeologico i territori più sensibili della provincia di Salerno, da Sarno alla Costa d’Amalfi, passando per Salerno.

«Le alluvioni – ha spiegato Villani – possono essere previste. Si possono individuare le aree più esposte a questo rischio e vietarle all’insediamento abitativo e produttivi. Ma gli ultimi piani stralcio risalgono al 2005 e furono realizzati secondo i dati forniti dall’ultima indagine sistematica fatta sul territorio che risale al 2002. Eppure non servono molti soldi. Il Cnr aveva a disposizione quasi mezzo milione di euro all’anno per analizzare le zone in modo dettagliato. Poi non c’è stato più nulla».

Da 14 anni, in pratica, non esistono più dati scientifici riconosciuti che analizzano i fenomeni atmosferici e tengano d’occhio i mutamenti del territorio. Eppure, con le nuove tecnologie oggi è più facile rispetto a venti o trenta anni fa. Ed è anche più facile evitare che ci siano vittime. «Negli ultimi undici anni le alluvioni in Italia hanno causato 915 morti». Trecento morti in più dei terremoti dell’Aquila (309 vittime) e di Amatrice (298). L’alluvione di Salerno di vittime ne fece 318. «Dalla fine dell’800 in poi – ha ricordato ancora Villani – ci sono stati centinaia di eventi alluvionali che hanno consentito di studiare il fenomeno cercando di evitare la perdita di vite umane. L’ultimo studio è stato fatto dopo l’alluvione di Sarno. Ma il problema è che si è costruito e si continua a costruire in luoghi poco sicuri. La Costiera amalfitana, ad esempio, dovrebbe essere disabitata».

Per quanto riguarda la città di Salerno, dopo l’alluvione del 1954, si è cominciato a progettare ritenendolo un caso limite. Un paradigma non più attuale, considerato l’elevate percentuale di possibilità che un evento come quello, forse anche più potente, possa verificarsi di nuovo di qui a qualche anno. Per questo secondo la comunità degli ingegneri idraulici italiani tenere viva la memoria del passato è uno strumento indispensabile per pensare a come agire nel futuro. Ed è stata lanciata la proposta di istituire la giornata della memoria per le vittime delle alluvioni nella ricorrenza dell’alluvione di Firenze. «Ricordare perché non accadano più eventi come quelli di Salerno, Firenze e Genova è importante – ha detto il presidente dell’ordine degli Ingegneri di Salerno, Michele Brigante – Le alluvioni sono eventi prevedibili e ci si può attrezzare per limitare questo tipo di disastri. Ma servono le risorse. Le forze, al contrario, non ci mancano».

Mattia A. Carpinelli

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