L'esperto

«Il raggiro come forma di potere»

Lo psichiatra De Rosa: «Boss e delinquenti puniscono il loro nemico, lo Stato»

I falsi invalidi e con essi i boss finti pazzi della camorra sono pedine di un sistema sottile utilizzato dal mondo della criminalità organizzata per erodere soldi all’erario. Per un capocosca o un delinquente di piccolo cabotaggio essere titolare di un assegno di invalidità è un motivo di grande prestigio. È un modo per dimostrare di aver raggirato quello che è considerato il proprio nemico numero, il numero uno: lo Stato. «Le pensioni di invalidità, in questi ambienti, hanno un ruolo di acquisizione di consenso sociale molto forte – spiega Corrado De Rosa, specialista in psichiatra sociale, che si è occupato dell’inchiesta dei falsi invalidi nel Napoletano – Il boss dimostra una forza e mantiene la sua reputazione anche per la capacità di spillare soldi allo Stato, che glieli dà per qualcosa, in questo caso una patologia, che non ha».

Con il denaro che arriva dalla Previdenza italiana, si alimenta una sorta di sistema sociale parallelo: «Uno strumento in grado di mettere in circolo soldi provenienza legale in circuiti illegali – aggiunge De Rosa – Perché parte di quei soldi sono destinati al mantenimento delle famiglie dei carcerati». Come per tutti i sussidi o i finanziamenti pubblici, ossia per quei canali statali ed europei che elargiscono denaro, la camorra, ma in generale tutte le organizzazioni mafiose, cercano e talvolta trovano il sistema per metterci le mani. Come? «Nel caso raggiro dei falsi invalidi – spiega De Rosa – si ricorre spesso al meccanismo di certificazione a cascata: sulla base di una certificazione medica fasulla che il falso invalido ha o che è riuscito a estorcere, se ne fa rilasciare altre che confermano la prima».

Non sempre, quindi, ci si trova di fronte a casi di corruzione della commissione medica che stabilisce il grado di invalidità. Spesso i commissari si trovano a esaminare pazienti che presentano un voluminoso carteggio medico che ricostruisce la propria carriera sanitaria e conferma la patologia dichiarata con certificati in successione, senza far capire mai l’origine della malattia perché non c’è. Di solito s’inizia dichiarando patologie mai avute quando si entra in carcere. «Per ottenere i benefici di giustizia, essere titolari di una pensione di invalidità è un buon inizio – conclude De Rosa – Tornano utili perché su quel riconoscimento i carcerati sostanziano le richieste di perizia psichiatrica. Non è un caso che tra i maggiori criminali ci sono molti che vantano lo status di invalido».

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