IL PERSONAGGIO

Il questore Rocaportiere granata "mancato"

"Mi chiesero di entrare nei Pulcini, ma declinai...". A capo della questura di Livorno per tre anni, ma il poliziotto vede solo granata

«Un giorno accompagnai due amici miei al provino con la Salernitana. In un angolino del vecchio stadio "Vestuti", loro calciavano ed io paravo disinteressato. Alla fine notarono me: ero "impostato" bene. Mi chiesero di entrare nei Pulcini granata. Declinai l’invito».
Ricordo lontano ma non sbiadito. E’ il ricordo di Vincenzo Roca, attuale questore di Salerno, ma anche questore di Livorno dal 2005 al 2007, «quando si perdevano 8 gare e si contestava, quando si giocava in Coppa Uefa con salvezza alla penultima giornata, Donadoni in bilico e l’ingaggio dell’allenatore Mazzone».
Sabato si ritorna al "Picchi" e Roca, salernitano, tutore dell’ordine in Toscana ed oggi nella sua città, traccia il profilo delle tifoserie, della crescita curvaiola. «A Livorno e Salerno c’è trasporto per la squadra e anche sensibilità nello stigmatizzare il rendimento negativo dei beniamini - spiega - Tifoserie, però, diverse per conformazione. A Livorno la curva è politicizzata, a Salerno è solo calcistica. Lo slogan salernitano è "Il potere deve essere granata"; a Livorno quando si parla di potere ci si riferisce a quello operaio, ad altre lotte. Quella labronica è curva emblematica: presenta capi ultrà che provengono dai centri sociali, i simboli non sono sempre pallonari. Questa tendenza l’ho notata fino al 2005/2006, adesso va scemando. Durante il mio mandato, nessun incidente, come a Salerno oggi. Siamo sulla buona strada». 
Cos’è cambiato? «Optiamo in prima battuta per il dialogo sapendo che i tifosi credono davvero d’essere il dodicesimo uomo e considerano i calciatori una propria emanazione. Ecco perché si chiede di onorare sempre la maglia».
L’esempio è fresco: venerdì sera, stadio Arechi. «Dopo la sconfitta col Parma, il volto degli ultras era deluso. Quando sono arrivati al limite del perimetro per tastare il polso alla squadra, non abbiamo mica detto subito questo è vietato e quest’altro si può fare? Abbiamo ascoltato, hanno ascoltato. Questo è frutto anche dei progressi fatti. Non cogliamo un atteggiamento ostile, mai. Il dialogo può essere anche indiretto. C’è dialogo "silenzioso" quando si passa per i tornelli e si accettano le file. Sappiamo che questo può recare fastidio e perciò acceleriamo i tempi con più steward. Questo è venirsi incontro. Probabilmente non si andrà ad Avellino come non s’è andato a Napoli, ci siamo meravigliati quando non sono venuti quelli dell’Ancona e ci hanno spiegato che dipendeva da loro e non da noi, ci siamo attivati in prima persona per far togliere il divieto di trasferta».
Roca dice che non sarà a Livorno «perché - sorride - entro solo all’Arechi». Il ricordo del "Vestuti" è il più intenso, «la promozione con Prati e l’amara retrocessione».
Da baby tifoso salernitano «volevo non crescere per entrare gratis con mio padre e qualche parente».
L’Arechi è lo stadio «vissuto da questore la prima volta, in precedenza solo dal treno o in autovettura, dopo missioni lontano dalla mia città».
Chiude col motto: «Primi in campo e primi sugli spalti». Ed auspica «da questore-tifoso, di entrare sempre allo stadio prima degli altri e di uscire dopo l’ultimo striscione ripiegato, felice perché l’ordine pubblico è andato bene e la Salernitana ha vinto». (p.t.)