Il pietismo controriformato di Petrafisianus

Il pittore fu legato ai francescani del Diano. Sua è la Madonna della Consolazione nella chiesa di Santo Stefano a Sala

SALERNO. Alla fine del XVI secolo e nella prima metà del successivo, tra la Basilicata e la Campania operò il pittore Giovanni de Gregorio, detto il Petrafisiano (Pietrafesa, oggi Satriano, 1579-80 – 1656). A 15 anni, nel 1595, fu messo in bottega a Napoli, presso il pittore Fabrizio Santafede, artista importante della corrente devota, controriformata, aggiornato su fatti pittorici romani, fiorentini e veneti del tardo manierismo. La sua pittura ha influito notevolmente su quella del giovane de Gregorio. Altri influssi stilistici furono presenti, col passare del tempo, nella pittura del Petrafisiano (o Pietrafesa), da quelli fiamminghi presenti tra Basilicata e Campania a quelli barocceschi, allo stile pittorico di Ippolito Borghese.

Fu pittore legato soprattutto ai Francescani presenti nel Vallo di Diano. Sua è la “Madonna della Consolazione e i Santi Agostino, Stefano, Maddalena e Monica” (1610) nella chiesa di S. Stefano a Sala Consilina, come pure il trittico coi Santi “Francesco, Leonardo e storie di santi francescani”(1611) nel convento dei frati Cappuccini a Polla, con influssi in direzione stilistica di Ippolito Borghese. Nelle figure di santi, sante e angeli la pittura di Giovanni de Gregorio evidenzia in diverse occasioni una fiera idealizzazione devozionale, soprattutto per l’iconografia della Madonna, anche con vive suggestioni fiamminghe, nelle espressioni dei volti e nelle coloriture delle vesti, e in senso baroccesco. Per esempio, gli angeli nelle due opere rappresentanti l’ “Immacolata Concezione” nella chiesa dell’ex Convento di Sant’Antonio a Castelcivita e nella chiesa dei Cappuccini a Piaggine - firmata e datata 1633 – presentano strette analogie iconografiche, attraverso la riproposizione tipologico-fisiognomica dei volti degli angeli musicisti. Quasi opere “gemelle”. Sempre a Castelcivita vi è un’altra sua splendida opera: la “Deposizione di Gesù dalla croce”, firmata e datata “Petrafisianus. F. 1627”, per la chiesa del Convento di S. Sofia (ora Convento di S. Geltrude).

L’artista è presente anche a Eboli con una “Assunzione della Vergine”, non datata, ma presumibilmente databile intorno agli anni ’30 del XVII secolo. È ubicata sull’altare maggiore della Chiesa di S. Anna, ora Cappella dell’Ospedale Civile. L’opera è rimasta inedita fino al 1993, quando fu pubblicata nel catalogo della mostra “Petrafisianus pingebat. Opere di Giovanni de Gregorio 1608-1653” che si svolse a Maratea, chiesa del SS. Rosario, nei mesi di agosto e settembre.

Giovanni de Gregorio incarna quasi su se stesso la figura dell’artista che da giovane si forma nella bottega di un rinomato maestro, nella capitale del Regno, Napoli, poi torna a lavorare nella propria terra natia e nella Campania meridionale, in quella che è oggi la Provincia di Salerno, allora Principato Citra, divenendo artista ben voluto soprattutto dai Francescani di Basilicata e Campania, diffondendo un’arte improntata da una sincera devozionalità e pietismo controriformati, in linea con la teologia e la pastorale religiosa propria della Chiesa dell’epoca.

Erano tempi duri, gli stessi di Giordano Bruno, di Tommaso Campanella, di Galileo Galilei, di Caravaggio che in quegli stessi anni fu a Napoli e meravigliò e affascinò diversi artisti con le sue mirabili opere, ma il Petrafisiano fu culturalmente, geograficamente e artisticamente distante dal linguaggio e dalla mentalità rivoluzionaria di Michelangelo Merisi da Caravaggio. Giovanni de Gregorio ebbe un figlio, Giuseppe, fu anche lui pittore la cui personalità è ancora tutta da definire e fu cittadino di Padula.

Gerardo Pecci

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