IL PERSONAGGIO

Il pescatore di cernie e il sognodi aprire una scuola di pesca

Paolo Milillo faceva l'elettricista ma non era felice, così ha deciso di dedicarsi al suo antico hobby a tempo pieno: la pesca. E mentre nel tempo libero tira su cernie di 50 chili, ha aperto un negozio specializzato nella zona del porto

Signor Milillo, ha pescato una cernia gigante. Come ha fatto?
«Non sono l’incredibile Hulk. Mi sono fatto aiutare dal mulinello elettrico. Ho alzato 65 chili, la cernia era una forza della natura».
Quante bocche ha sfamato?
«150, tra parenti e amici. E anche avventori. Parte della cernia è andata sulla tavola del ristorante Sciosciò».
Caratteristiche della preda?
«Era una cernia canina. Prima del record salernitano, era una specie vista e catturata solo nelle coste della Sicilia e della Sardegna».
Orario del record?
«Tra le 10 e le 10.15 di lunedì 1 settembre. C’ho messo quaranta minuti per vincere la lotta».
E dopo che ha fatto?
«La prima reazione è stata abbracciare il cameraman che avevo con me. Abbiamo fatto riprese dal vivo ed anche subacquee. Poi siamo andati via, perché eravamo stremati. Il posto dove l’abbiamo avvistata dista 30 miglia da Salerno. E’ come andare a Napoli con la barca e tornare: in tutto, quattro ore di tragitto».
Ci svela le coordinate?
«Non lo farei neppure sotto tortura. Posso dire che il giacimento si trova in un punto ben preciso, su una secca».
Com’è nata la passione per l’amo e la lenza?
«Da poppante. Avevo tre anni e mio padre mi portava a pescare. Ha sempre assecondato la mia inclinazione naturale».
Ricorda la prima pescata?
«A Magazzeno, al laghetto delle trote. Andavano a peso: prendevi e portavi a casa. Mio padre dovette fermarmi, perché gli stavo svuotando il portafoglio».
La svolta?
«Quando ho abbandonato "il pennello", insomma quando ho smesso di pescare da terra ed ho preso la barca».
Subito cernie da primato?
«No, una barca sfondata per eccesso di zelo».
Adesso è il "manuale" della pesca salernitana?
«Ho un negozio in zona Porto. I clienti mi chiedono di portarli a mare ad ogni ora del giorno e della notte. E’ impossibile: ho solo due ore di tempo la domenica. Durante la settimana, chiudo bottega per la pausa pranzo e mangio un panino in barca nello spaccio».
La pesca è pure un lavoro?
«Da qualche anno, dopo l’apertura dell’attivitá commerciale. Prima, solo uno sfogo. Facevo l’elettricista per esigenza ma ero scontento. Il negozio è lo specchio della mia anima: si chiama Passione Pesca».
Quanto spende per assecondare la passione?
«Tanto. La barca costa giá per il solo fatto di stare legata al pontile: spesa di 3500 euro l’anno. Ogni uscita, ha un prezzo variabile, dipende dalle miglia. Diciamo dai 50 ai 150 euro di nafta. Per il bolentino di profonditá - la canna da traino con la quale ho preso la cernia da 65 chilogrammi - si abbina un mulinello elettrico. Ci vogliono terminali da un chilo e lampade stroboscopiche. Se incagli un terminale, perdi dai 50 ai 100 euro». 
Si dice che il mare "non ha taverne". Lei s’è mai trovato in difficoltá?
"Due volte, ma grazie a Dio sono riuscito a cavarmela. Da solo».
Perché lo specifica?
«In mare ci sono regole particolari: se trovi una barca abbandonata da due giorni, è tua; un pescatore che ti garantisce aiuto, può chiederti in cambio anche mezza imbarcazione».
Fa pesca agonistica?
«Non mi è mai piaciuta. Sono un autodidatta, divido la passione con gli amici Ciro La Manna, Marcello Adamo e Luca Di Fluri».
L’obiettivo della carriera?
«Aprire una scuola di pesca».
La prossima tappa?
«Miro alla cernia da 80 kg».
Pasquale Tallarino