Il pentimento di Pignataro convince soltanto a metà

L’avvocato Panza: «È il ravvedimento di un uomo che vuole trovare la serenità» L’ex primo cittadino Messina: «Un atto che non restituisce la vita di una bimba»

Dopo la deposizione di Antonio Pignataro, reo confesso dell’omicidio di Simonetta Lamberti, riaffiorano i ricordi di quel drammatico 29 maggio 1982, quando alle 15.30, a corso Principe Amedeo, all’altezza di via Della Repubblica, due colpi sparati uno dietro l’altro colpirono il giudice Alfonso Lamberti e la sua piccola figlia Simonetta. La bimba rimase uccisa mentre il padre, che ieri non ha voluto rilasciare commenti, fu ricoverato all’ospedale metelliano, con gravi ferite al capo e al collo. Quell’omicidio scosse l’animo di tutti i cavesi, i quali a distanza di 31 anni non hanno dimenticato l’episodio. La confessione di Pignataro è stata appresa come una liberazione anche se per molti il pentimento viene visto «come lo spogliarsi del peccato prima della morte». «Nel processo - afferma il legale Gaetano Panza, all’epoca dei fatti vicesindaco dell’amministrazione Abbro - non è stata mai approfondita la matrice del delitto. Vi furono più tesi, una su tutte la vendetta della camorra, dal momento che il Giudice Lamberti aveva individuato i responsabili del sequestro Amato. Quello che è successo a distanza di 31 anni, è dovuto al fatto che l’essere umano nel processo di invecchiamento, è portato a ricercare la serenità. Il pentito, volendo raggiungere la serenità, lo ha fatto con la confessione anche perché non ha arrecato alcun danno ai suoi complici, i quali sono defunti. Quella di Antonio Pignataro, è una forma di ravvedimento. Ora è necessario che i magistrati verifichino la validità della confessione». Dello stesso avviso è il presidente dell’associazione avvocati cavesi, Artemio Baldi. «Un passo avanti è stato fatto - sostiene l’avvocato Artemio Baldi - L’autorità giudiziaria sta facendo e continuerà a fare i dovuti riscontri per valutare se c’è dell’altro, se il pentito ha detto tutto e se ci sono ancora altre persone che vanno coinvolte. Se non fosse stato per Pignataro, il fatto sarebbe morto così. Questa confessione rende giustizia a Simonetta e alla sua famiglia».

A ritenere che il pentimento dopo 31 anni non potrà cambiare la vita della famiglia Lamberti-Procaccini, è l’avvocato nonché ex sindaco, Alfredo Messina. «Troppo facile dopo 31 anni pentirsi - sostiene l’avvocato Alfredo Messina - Fatto sta che il pentito ha bruciato l’esistenza di una bambina a 12 anni. Una bambina che era la gioia della famiglia e che prometteva già bene per il futuro. Non so cosa volessero dal padre ma nonostante tutto, non andava ammazzata in un modo così vile. Sparare da così vicino non era un errore. Era voluto». «Pentirsi dopo oltre 30 anni - afferma lo storico Livio Trapanese - non serve a ridare la serenità alla famiglia colpita dal dramma. Quali riscontri si possono attuare oggi, a distanza di 31 anni?. Quest’atto se serve a tacitare la coscienza davanti a Dio, andava fatta molti anni prima».

Annalaura Ferrara

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