«Il Pd, un partito mai nato Rompere le corporazioni»

Il giovane scafatese Michele Grimaldi è in corsa per la segreteria regionale Affollata assemblea al “Lanificio 25” per proporre ufficialmente la candidatura

Lo scafatese Michele Grimaldi, già segretario regionale dei Giovani democratici, ha ufficializzato la sua candidatura alla segreteria regionale del Partito democratico. Lo ha fatto l’altra sera a Napoli nel corso di un’affollata assemblea pubblica al “Lanificio 25”. C’era un parterre molto composito di sostenitori e osservatori delle varie componenti interne del partito, tra cui Marco Saracino, coordinatore regionale di Civati; il consigliere regionale Antonio Marciano e la deputata Valentina Paris sostenitori di Cuperlo; i renziani Alfredo Mazzei e Ciro Iacovelli; il sindaco di Pareti Raffaele Vitale. Nutrita anche la presenza di salernitani con Massimiliano Cataldo, coordinatore regionale di “Rifare l’Italia”, Fabiana Feo, coordinatrice regionale dei Giovani Democratici e Gennaro Quaranta presidente della Rete universitaria nazionale. Alquanto impegnativo il tema dell’assemblea: “Il futuro è di chi non si arrende. Costruire il Pd, cambiare la Campania”.

È fresco di stampa il libro di Antonio Bassolino. Corre voce che potrebbe di nuovo impegnarsi direttamente in politica. Secondo lei Bassolino può ancora concorrere a costruire il Pd e a cambiare la Campania?

«Bassolino è stato sindaco di Napoli e presidente della Campania. Cosa vorrà fare lo deciderà lui. È stato un simbolo, ma tutti sono importanti e nessuno è indispensabile. Bisogna smetterla di discutere sui nomi. Noi siamo molto concentrati sulle cose da fare per cambiare la Campania e per costruire il partito, al di là delle correnti nazionali».

Il congresso regionale è fissato per il 9 febbraio prossimo. Lei è sceso in campo con largo anticipo.

«Sì. Siano partiti prima, perché ci attende un lavoro lungo per elaborare il programma. Vogliamo ascoltare i cittadini, costruire un programma dal basso, partecipato».

Che giudizio dà dell’attuale segretario regionale

«Enzo Amendola ha provato a costruire il partito che in Campania non è mai nato. Lo ha trovato diviso in correnti e ha avviato la fase pre congressuale».

Ora però è stato eletto deputato, deve lasciare la segreteria regionale.

«Non è una questione di regole, ma è giusto che sia così perché chi sta nel partito deve pensare al partito. E lo stesso discorso vale per chi sta nelle istituzioni».

Bene. Parliamo delle cose da fare. Qual è la priorità?

«Innanzitutto, bisogna capire quale identità e quale missione deve avere la Campania. Promuoveremo una grande assemblea per stimolare un confronto serrato su questo punto. Il Partito democratico dovrà unire il mondo della produzione e del lavoro, dovrà combattere la rendita, la speculazione, la corruzione e la criminalità organizzata».

La Campania e il Sud in questi anni hanno perso posizioni. Il divario con il Nord è cresciuto sempre di più.

«Infatti, dovremo riuscire a porre il meridionalismo come questione nazionale. E non come un semplice slogan o per buonismo, ma perché la sinistra senza le parole uguaglianza e Mezzogiorno non ha senso. Finché l’Europa guarderà solo ad Est e non anche al Sud non ci sarà possibilità per la Campania di essere la naturale porta del continente sul Mediterraneo. Ciò significa investire risorse per le infrastrutture, per i saperi, le conoscenze. Bisogna uscire dal doppio binario dell’assistenzialismo e di un apparato industriale incapace di competere. Anche il welfare oggi favorisce il Nord e non il Sud, perché i sussidi vengono erogati per chi perde il lavoro e non per le zone dove il lavoro non c’è; perché c’è una disparità nella distribuzione delle risorse per l’assistenza sanitaria e per le università».

Cosa propone per il Partito democratico?

«La modifica dello statuto regionale. Bisognerà chiudere le sezioni e aprire le “case lavoro”, per cedere un pezzo di sovranità alle categorie produttive. Solo così si farà piazza pulita dei signori delle tessere, il mondo del lavoro deve poter esprimere se stesso, la sua rappresentanza nel partito. Mi riferisco ai dipendenti pubblici, ai giovani professionisti, al mondo delle imprese».

In conclusione?

«Vogliamo provare a costruire questo partito mai nato, rompendo le vecchie corporazioni, i vecchi consociativismi, scardinando i vecchi catenacci per renderlo davvero utile».

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