Il “patto di Natale” tra i clan scafatesi 

Un accordo di necessità tra storici alleati per dividere i ricavi delle estorsioni e destinarli ai carcerati e alle loro famiglie

Ci sarebbe un accordo di necessità dietro le estorsioni effettuate a Scafati nel periodo natalizio. A ormai oltre tre anni di distanza dall’arresto dei reggenti dei clan Matrone e Loreto-Ridosso, i gruppi, seppur decimati dagli arresti di questi mesi, ritornano a mettere le mani sugli interessi economici della città in maniera diversa con quello che è stato definito il “patto di Natale”. Alla regia di questo eventuale accordo ci sono gli affiliati di quello che resta del clan Matrone, che con la presenza in carcere del capostipite Franchino, del genero Peppe Buonocore e dei guai del figlio Antonio “Michele” coinvolto nell’inchiesta dell’omicidio di Dino Faucitano, avrebbero iniziato a fare di necessità virtù.
Così si sono riscoperti gli alleati d’un tempo, quelli che mai hanno messo in discussione la leadership del gruppo della frazione San Pietro in città. Un’alleanza dettata da motivi economici, poiché l’attività della magistratura salernitana in questi anni ha portato al blocco di quasi tutti i business della cosca. Da qui, si sarebbe concretizzato il “fitto di ramo d’azienda” di spaccio, usura e racket ai “compagni” di sempre. Le entrate, da dividere, dovrebbero servire a mantenere i carcerati e le loro famiglie, da tempo in ristrettezze economiche.
Il fatto emerge dal lavoro di intelligence effettuato dagli inquirenti in queste settimane dopo le richieste di “regali” ai commercianti della zona che hanno portato ai raid ai danni di una pescheria e al furgoncino di un venditore ambulante. L’ipotesi della città al centro di diverse trattative tra molti gruppi criminali è stata riscontrata dalle indagini degli ultimi giorni. Qui i fari sono puntati proprio sui personaggi della mala locale scafatese, ritornati in auge dopo gli arresti avvenuti tra le fila delle cosche attive al confine tra Salerno e Napoli. I Matrone, d’altronde, a Scafati sono tutt’altro che inattivi e a dimostrarlo ci sarebbe la gestione fiorente delle attività che, in passato, lo hanno portato a essere il primo gruppo criminale della città.
Un segnale di sfida nei confronti della magistratura, con la Procura Antimafia che nel frattempo continua a indagare sulle attività dei gruppi criminali attivi a Scafati e degli altri clan dell’hinterland vesuviano che, come dimostra lo scontro tra i Matrone, i Cesarano e gli Aquino Annunziata, in questi anni hanno provato a mettere le mani sugli affari “made in Scafati”.
Un segnale pericoloso, che però alle forze dell’ordine impegnate a Scafati non è assolutamente passato inosservato anche dopo la chiusura del cerchio sull’omicidio di Faucitano avvenuto nell’aprile del 2015. Una guerra di sopravvivenza che coincide con la necessità dei vecchi clan di non arretrare sulla loro “piazza” e avere un canale di sostentamento nonostante gli arresti eccellenti di personaggi di primo piano nel panorama criminale scafatese.
Domenico Gramazio
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