Il Papa e il precedente di Giordano

ROMA. Nella sua prima messa per i santi Pietro e Paolo, Papa Francesco non ha fatto cenno all’arresto di monsignor Scarano, ma non ha perso l’occasione per ribadire la sua concezione della Chiesa...

ROMA. Nella sua prima messa per i santi Pietro e Paolo, Papa Francesco non ha fatto cenno all’arresto di monsignor Scarano, ma non ha perso l’occasione per ribadire la sua concezione della Chiesa sottolineando la necessità di spendersi senza barriere e di superare una logica mondana e di potere. «Quando lasciamo prevalere la logica del potere umano e non ci lasciamo istruire e guidare dalla fede, da Dio – ha detto – diventiamo pietra di inciampo». Lui l’inciampo non ha voluto metterlo neanche all’inchiesta dei magistrati romani, evitando di invocare le norme concordatarie che gli avrebbero consentito di opporsi all’arresto del prelato. Altri tempi rispetto a quando, nel 1998, l’indagine aperta sul cardinale Michele Giordano del magistrato salernitano Michelangelo Russo (all’epoca procuratore a Lagonegro) creò un caso diplomatico tra Vaticano e autorità giudiziaria. L’allora arcivescovo di Napoli fu indagato con l’accusa di usura, da cui è poi stato assolto. Ma quella storia ha anche un altro punto di contatto con le vicende di questi giorni: l’indagine si sovrappose a un’altra, quella per la cosiddetta operazione Sofia, in cui si parlava di una “compensazione telematica” da 5 miliardi di lire, in pratica un rimpatrio di capitali.