la tragedia

Il pallone, il circolo e i sorrisi, il Paterno piange “Ronaldinho”

Il quartiere ebolitano sotto choc per la morte di Mario: la notizia arrivata agli amici via Messenger. Colletta per acquistare le magliette e pagare il bus per andare ai funerali fissati per lunedì

EBOLI. Cielo grigio e tanta pioggia: eppure ieri mattina, poco dopo le 8, tanti amici di Mario Morelli erano già davanti al circolo ricreativo che il ragazzo frequentava quando viveva a Eboli. Lo sgomento per la morte del giovane ha lasciato presto il posto alla rabbia. Mario è stato ucciso giovedì sera a San Severo con un colpo di pistola sparato da un suo coetaneo dopo una lite: «Non si può morire così a 16 anni» ripetono i compagni della sua comitiva.

Da qualche anno Mario non viveva più a Eboli, si era trasferito con la mamma nel piccolo comune pugliese ma al Paterno, il quartiere dove è cresciuto, tutti lo ricordano. Lo descrive con le lacrime agli occhi e la voce spezzata anche Calogero, lo zio: «In realtà io sono cugino del papa di Mario – spiega – ma siamo cresciuti insieme, abbiamo la stessa età». Abitavano di fronte, prima che i genitori di Mario si separassero e la mamma decidesse di raggiungere i parenti a Foggia, hanno condiviso tutto, anche la passione per il pallone: «Mario era un ragazzo semplice, gli bastava la comitiva, il pallone e le canzoni napoletane – racconta – ha frequentato le scuole medie alla Pietro Da Eboli, ogni momento libero correva nel parco giochi per tirare calci a un pallone...».

Ai parenti ebolitani la notizia della morte di Mario è arrivata giovedì notte: una telefonata dei carabinieri di San Severo annunciava che il ragazzo era morto. Inizialmente si parlava di un incidente, poi ieri all’alba l’amara verità. Mario era stato ucciso da un ragazzo: «L’ho saputo alle 7 attraverso il gruppo di messenger – racconta Musa – ero ancora a letto quando il trillo del messaggio mi ha svegliato. Ho letto, non ci credevo, un amico aveva scritto “è morto il fratello di Dudù”». Dudù è il nomignolo con cui gli amici della comitiva chiamano Franco, il fratello maggiore: «Abbiamo conosciuto Mario, un ragazzo pieno di vita, con il sole negli occhi – continua Musa – amava il pallone, quando veniva a Eboli giocava anche con noi». Bastava un po’ di spazio, qualche amico e una rete e Mario si trasformava.

Conosciuto in tutto il quartiere proprio per la sua passione per il calcio, il 17enne falciato da una pallottola era soprannominato “Ronaldinho” proprio per la sua capacità di fare acrobazie con la palla: «Quando portavamo le bambine al parco giochi – racconta Rosa – mio marito diceva sempre “Mariolì” mi fai il tiro alla Ronaldo?”».

Amici, pallone e canzoni napoletane, nessuno al Paterno ha dimenticato il ragazzino sempre con il sorriso sul volto. Un sorriso rimasto impresso anche nella mente dei commercianti. Il ragazzino vispo, sempre in movimento che dopo una partita entrava nel panificio e comprava la merenda: «Conoscevo Mario da quando aveva cinque anni – racconta la titolare – un ragazzo vivace, pieno di vita. Tre anni fa poi se n’è andato con la madre e non l’ho più visto, ma nonostante il tempo trascorso lo ricordo ancora fosse ieri. Non riesco ancora a credere quanto accaduto».

Il fanciullo ebolitano ha segnato il cuore, la sua morte ha sconvolto la comunità. Ieri mattina nel quartiere si respirava un’aria surreale, la morte violenta del 17enne ha affollato la mente dei residenti che per ore si sono raccolti in capannelli quasi a cercare conferma di una notizia inaccettabile. Tutti, nessuno escluso, ricordano il sorriso di Mario, lo stesso con cui entrava nel circolo che frequentava prima di trasferirsi a Foggia e trascorreva le ore in compagnia degli amici con cui condivideva l’amore per il calcio.

Gli stessi ragazzi che ieri mattina, nonostante la pioggia, hanno deciso di non alzare la saracinesca del circolo per andare in giro a raccogliere firme e soldi per stampare le magliette dedicate a Mario e organizzare i pullman per andare a San Severo per i funerali che saranno celebrati lunedì nella parrocchia del quartiere dove Mario viveva ormai da tempo. «Era un ragazzo tranquillo, amava giocare a calcio. Ho perso il conto delle partite che abbiamo giocato nel campetto della Pietro da Eboli – dice uno dei ragazzi del quartiere – sicuramente sarà difficile tornare a giocare adesso che lui non c’è più».

Mentre gli inquirenti sono al lavoro per ricostruire la dinamica del delitto, a Eboli, al quartiere Paterno, il tempo sembra essersi fermato. In serata quasi tutti i parenti hanno raggiunto San Severo per essere vicini al papà e ai fratelli Franco e Raffaele (7 anni), con loro anche qualche amico. La morte improvvisa di un giovane porta sgomento, la morte violenta di un ragazzo porta rabbia: «Era buono, innocente, non si può morire così».

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