Il Notaro del Lussemburgo stregato dai calici cilentani

A Futani un’azienda giovane si cimenta con Fiano ed Aglianico in purezza

di Barbara Cangiano

La carta dei vini che propone ai suoi ospiti vanta 1300 etichette: 1200 di queste sono rigorosamente italiane. Basta questo per capire che il vino, per Mario Notaroberto (foto) è praticamente una ragione di vita. Non c'è dunque da stupirsi se poco meno di cinque anni fa, tra un piatto di spaghetti con le vongole e uno di fusilli alla cilentana che fanno leccare i baffi a mezzo Lussemburgo, il ristoratore di origini cilentane, trapiantato per amore oltralpe, ha deciso di sporcarsi le mani con la terra e di coltivare quelle terre lasciate in eredità dal nonno che amava ripetere: «Chi mangia l’uva non beve il vino».

All’epoca Mario era un bambino che correva per i campi alla ricerca degli acini maturi da assaporare. Oggi, che sul groppone ha un’esperienza “antica”, frutto anche di una fortunata società di import-export che celebra quotidianamente il made in Salerno, quei grappoli di Fiano ed Aglianico impiantati su quattro ettari di un terreno baciato dal sole, affacciato sulla collina di Centola, li cura personalmente, ogni volta che può, affidando all’enologo Carmine Valentino il tocco raffinato che ha fatto di Valmezzana, Palimiento ed Agriddi tre giovani, ma non per questo meno prestigiose, griffe del vino cilentano. L’azienda - che ha sede a Futani - si chiama Albamarina e da poco è entrata a fare parte della scuderia dell’enoteca provinciale. Nulla è stato lasciato al caso, a partire dal nome.

«Alba segna l’inizio di un nuovo giorno e dunque di una nuova avventura imprenditoriale. Marina è il nome di mia moglie - racconta Notaroberto - una donna che mi ha supportato e sopportato in tutte le cose che ho fatto». E fin qui, sembra averle infilate tutte nel migliore dei modi. Il suo ristorante enoteca aperto più di vent’anni fa in Lussemburgo, dove volò nell’84 per seguire la consorte, è considerato uno dei templi sacri del buon mangiare, non solo dagli stranieri, ma anche dagli stessi italiani. La scelta straordinariamente ricca di etichette, gli è valso un blasonatissimo primo premio al Vinitaly del 2005. La sua società - complice la freschezza delle materie prime che arrivano quotidianamente dalla Piana del Sele e dal Cilento - fa scintille sui mercati internazionali. E l’esordio di Albamarina, tra la kermesse ebolitana di Pianeta Bufala, la salernitana Vinarte e le degustazioni nella patria dei vigneti della Mosella, ha già incassato consensi che si sono tradotti in contatti commerciali. «Vivo in Lussemburgo da una vita, ma il mio sogno è tornare nel Cilento - racconta Notaroberto - Sono molto legato alla mia terra ed anche per questo, assecondando la mia grandissima passione per il vino, ho deciso di lanciarmi in questa nuova avventura».

Due i vitigni che caratterizzano la produzione di Albamarina: il giovane e fresco Fiano in purezza Igt Valmezzana (il nome deriva dalla località dove crescono le uve) , che vinifica in acciaio e il più corposo Palimiento (in dialetto sono i pali che sostengono la vigna), che riposa due anni in botti di rovere. A contrassegnare il primo, c’è la farfalla, simbolo di legge. rezza e caducità, mentre per rappresentare il secondo è stata scelta l’icona di un fossile, che rimanda ad un gusto antico, stratificato, figlio della terra. L’Aglianico in monovitigno, dà invece corpo e spessore ad Agriddi (il nome delle botti in cilentano), l’unico rosso della casa, ideale per accompagnare i piatti “forti” della cucina locale, dal ragù alle melanzane imbottite, dalla ciambotta alle carni rosolate e super condite con erbe della campagna. L’azienda produce anche olio extra vergine di oliva ed è in fase di allestimento una fattoria didattica, con l’obiettivo «di far appassionare i più piccoli alle proprie radici, un valore da preservare e custodire gelosamente», ha spiegato Notaroberto.

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