«Il lavoro non ci sarà a fabbrica chiusa 

La Cgil a Regione e Comune dopo il vertice a Napoli: attenzione, perderemo pure la possibilità della cassa integrazione

Dopo le dichiarazioni di lunedì pomeriggio del presidente della Campania, Vincenzo De Luca, e del sindaco di Salerno, Vincenzo Napoli, sulla questione Fonderie Pisano, arriva dura e puntuale la replica della Cgil Fiom. Non se l’aspettavano i lavoratori né tantomeno i sindacalisti un fulmine così a ciel sereno, soprattutto dopo che tra proprietà e Regione era stato raggiunto un accordo sulle modalita per giungere alla delocalizzazione. «Troviamo incomprensibili e allarmanti le dichiarazioni del governatore Vincenzo De Luca e dal sindaco di Salerno, Vincenzo Napoli – spiega il segretario provinciale della Cgil Fiom, Francesca D’Elia – Abbiamo da sempre ribadito la necessità di salvaguardare salute e lavoro e in tal senso ci siamo mossi in ogni direzione possibile per rendere praticabile la costruzione di un nuovo impianto in altra area industriale. Per questo non staremo in silenzio di fronte a dichiarazioni che hanno il sapore di campagna elettorale, perché da sempre sosteniamo l’indiscutibile necessità, non più rinviabile, della delocalizzazione della struttura produttiva, quale soluzione per tenere insieme lavoro e salute».
I risultati parziali dell’indagine “Spes”, condotta proprio su indicazione di De Luca, e il rifiuto sulla concessione della Valutazione d’impatto ambientale da parte degli uffici tecnici regionali, ha convinto il presidente della Regione a dare un taglio netto alla questione. Il tempo per trovare un nuovo sito e per mettere in sicurezza un impianto dichiaratamente vetusto è terminato. Anche se è proprio D’Elia a rimandare al mittente tale accusa: «Chiediamo alla politica atti di concretezza che siano in grado di dare risposte ai bisogni dei cittadini e dei lavoratori – tuona il segretario provinciale Fiom – Se si sono accumulati ritardi in questa direzione non accettiamo che ricadano solo sui lavoratori e su chi li rappresenta! La Cgil e la Fiom, in tutta la vertenza, hanno compulsato quotidianamente la proprietà e, andando anche oltre il loro ruolo, si sono attivate in prima persona con le Istituzioni per favorire ipotesi delocalizzative richiedendo il massimo impegno proprio alla Regione Campania!».
Posizioni distanti anni luce quindi, camuffate da quelle che D’Elia definisce delle rassicurazioni sulla validità del progetto dei Pisano. «Nessuno può pensare che il futuro del lavoro si garantisce con uno stabilimento chiuso – continua il segretario – Gli ammortizzatori sono l’ultima spiaggia e funzionano solo quando le attività sono in piedi e non a cancelli chiusi. Questo deve essere chiaro a tutti e non consentiremo che su questo si faccia alcuna propaganda. Avevamo già chiesto a dicembre 2017 un incontro chiarificatore in Regione e ne ribadiamo l’urgenza».
In fonderia l’umore intanto è cupo. I lavoratori sono i primi ad aver accusato il colpo e tenere a bada gli animi, ancora una volta, è sempre più dura. «Vorremmo capire cosa ha a che fare il selenio con noi – si chiede Angelo Clemente, rappresentante sindacale Cgil delle fonderie – Al massimo lo zinco, ma perché non darne notizia alla conclusione delle indagini? Siamo in attesa, da almeno quattro mesi, della pubblicazione del bando Asi (il consorzio Area di sviluppo industriale, ndr) che ci consentirebbe di procedere con l’acquisizione del sito individuato dai tecnici e dalla proprietà. Ci hanno fatto solo promesse ma ad oggi del bando non se ne sa ancora nulla».
Di periodi d’incertezza i circa 120 lavoratori, insieme alle loro famiglie, ne stanno passando tanti. Ma lasciarsi andare non è la soluzione. «Siamo stanchi, ma siamo anche uniti, come sempre – afferma Clemente – Siamo pronti a scendere di nuovo in piazza per affermare il nostro diritto al lavoro e sapere dalle Istituzioni cosa vorrebbero che facessimo. Ho 51 anni, sono un operaio specializzato e sinceramente se domani le fonderie chiudono non saprei cosa fare. E come me tanti altri padri di famiglia». Uno dei pensieri che sta riempiendo le menti degli operai in questi mesi è anche quello del trasferimento all'estero o in un'altra regione. Scenario che non convince tutti. «I Pisano sono molto attaccati al loro territorio – spiega l’operaio – Avevo anche io proposto di andare fuori regione, mentre c'è sempre l’alternativa bulgara. Ma non credo che in molti seguirebbero la proprietà. I costi sarebbero elevati sia per noi che per i Pisano e non converrebbe a nessuno. Ma perché poi dovremmo andare via, con così tanti siti industriali dismessi? Questa provincia ne è piena. Ma ancora non capiamo perché c'è questo ostruzionismo verso di noi. Le istituzioni dicono di non volerci lasciare soli, ma noi soli ci sentiamo già, e da tanto».
Emilio D’Arco
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