Il gip archivia l’indagine sul “mostro” di Cetara

Nove mesi dietro le sbarre con l’accusa di avere violentato e venduto una minore Chiesto un risarcimento di oltre cinquecentomila euro

CETARA. Era stato dipinto come il paese degli orchi. Perché l’inchiesta, che culminò col blitz del 27 gennaio 2010, aveva questa certezza: una 14enne era stata più volte violentata e venduta ad amici dalla sua famiglia. E le immagini dei rapporti sessuali erano state anche immesse nel circuito pedopornografico. Tant’è che il procuratore dell’epoca, Franco Roberti, affermò di «non essersi mai trovato di fronte a un episodio così allucinante».

Nel corso dell’operazione vennero perquisite le abitazioni di 18 famiglie, sequestrati più di 50 computer e oltre 5mila supporti video, tra cd e dvd. E, soprattutto, arrestate tre persone, tacciate dell’infamante accusa di violenza sessuale su una minorenne. In carcere andarono pure il padre e il fratello della presunta vittima: Zaccaria e Vincenzo Avallone. Ma adesso, dopo cinque anni, l’inchiesta si è dissolta alla stessa stregua di una bolla di sapone. E gli stessi pm titolari dell’indagini (Cristina Giusti e Valleverdina Cassaniello) hanno chiesto (e ottenuto) al gip l’archiviazione del caso. In pratica è venuto a mancare tutto il teorema accusatorio «per insufficienza probatoria degli elementi raccolti». La fine di un incubo per padre e figlio, anche se la famiglia è ormai sfasciata: la figlia, ora maggiorenne, non è più rientrata a casa e la moglie ha chiesto la separazione. E nessuno potrà loro ridare la tranquillità di un tempo. Perché in questi anni sono stati dipinti come mostri, hanno dovuto trascorrere un lungo periodo in carcere e, soprattutto, hanno dovuto subire la pesante onta del pregiudizio popolare. Che, a quanto pare, continua anche adesso, nonostante la giustizia abbia accertato la loro estraneità.

Proprio per questo l’avvocato difensore, Antonio Bruno, subito dopo l’archiviazione di tutti i reati contestati, ha chiesto, per i suoi clienti, sia per danni patrimoniali che esistenziali subiti, un risarcimento pro capite di oltre 516mila euro.

«I miei clienti – spiega Bruno – sono stati scarcerati col fisico ma non, certamente, con l’anima che resterà per tutta la vita segnata ed incatenata da questa indescrivibile vicenda giudiziaria. Zaccaria Avallone ha perso la dignità, il lavoro, la stima per se stesso, la famiglia intera e qualsiasi tipo di vita di relazione e di aggregazione sociale. Ancora oggi è indicato e individuato come “il mostro di Cetara”. Quello che conserva da tutta questa vicenda è soltanto la diffidenza e la maldicenza da parte della gente».

«L’ingiusta detenzione subita – conclude – in un regime carcerario esasperante ed esasperato nei suoi confronti è stata pari mesi otto e giorni nove di reclusione».

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