Il faro di fine Ottocento divenuto simbolo di Scario

La sua costruzione era stata sollecitata già nella prima metà del secolo Domani in omaggio col giornale la ristampa di una cartolina degli anni Cinquanta

La collezione delle cartoline d’epoca della costa cilentana prosegue domani con l’immagine del Faro di Scario, che sarà distribuita in omaggio con il nostro quotidiano. La foto storica, proveniente dall’archivio privato dell’editore Ernesto Apicella di Agropoli che collabora all’iniziativa de “la Città”, risale agli anni Cinquanta ed è l’unica, tra quelle selezionate per l’iniziativa editoriale del nostro quotidiano, che nell’originale presentava il colore. «Costruito in località Tragara, tra alcune abitazioni d’epoca che si specchiano tuttora in un mare da favola, il faro di Scario fu attivato nel 1883, ad indicare il sicuro e riparato ancoraggio di Orecchio di porco, riportato da tutti i Portolani del Mediterraneo», evidenzia Angelo Guzzo, giornalista di “lungo corso”, scrittore, saggista, fondatore e direttore de “L’Editoriale” (mensile di politica, costume, cultura, turismo e ambiente), nonché autore di numerose pubblicazioni sulla storia del Cilento e del Golfo di Policastro in particolare. «L’antica targa posta all’ingresso della suggestiva costruzione – sottolinea il giornalista – indica, con la vecchia dicitura di “Faro di V ordine”, latitudine e longitudine, nonché l’altezza della torre a 24,40 metri sul livello del mare».

La costruzione della struttura di segnalamento marittimo avviene nei primi anni del neonato Stato unitario, ma l’esigenza di rendere sicura la navigazione lungo quel tratto di costa era stata già avvertita durante l’amministrazione borbonica. «La necessità e l’indifferibilità della costruzione di un faro o di una lanterna nella rada di Scario – evidenzia Angelo Guzzo – veniva opportunamente sottolineata e sollecitata, nella prima metà dell’Ottocento, da Filippo Cirelli, nel suo “Dizionario storico topografico del Regno di Napoli”. Queste le sue parole: “Vi si vede un andare e venir e di chi macella bestiame minuto, di chi portavi frutta e pollame, di chi inchiede de’ venuti dei quali chi sdraiato sul lido si rifà del mal di mare, chi narr a gli incidenti del viaggio e chi curiosamente chiede ed è chiesto dei luoghi, delle usanze, delle merci. Ed oh se i cieli consentissero gli immegliamenti che a tal rada vorrebbonsi. Ma necessario un fanale da accendersi per lo manco nei tempi più perigliosi; onde i nuovi e poco esperti dei siti che capitanvi, abbiano un segnale tra il buio, dove metter l’ancora; che è appunto per non aversi, non pochi han dato in secco nella spiaggia di Policastro, o sonosi trovati malfermi in su l’ancora per averla lasciata andere dove non dooveasi”».

A farsi promotore dell’istanza è un amministratore del tempo della cittadina del Golfo di Policastro. «Il 5 giugno 1854, nella seduta del Consiglio Provinciale, il consigliere Bellotti, originario di San Giovanni a Piro, presentava un’articolata e motivata proposta per la costruzione di un faro nella Marina di Scario (il documento integrale, così come altre vicende storiche di Scario, è riportato nel libro di Angelo Guzzo “Scario, paese dell’alba”, ndr). Il Consiglio Generale, facendo plauso alla proposta del consigliere Bellotti, deliberava “supplicarsi il Munificente Monarca per la costruzione di un Faro nella Marina di San Giovanni a Piro e fa voti perché si benigni impartire le analoghe provvidenze».

Rosamaria Morinelli

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