LA SENTENZA

Il delitto di Fratte, la Corte smentisce il boss: «Nessun accordo tradito»

Nelle motivazioni dell’ergastolo la conferma della lite per i manifesti elettorali

SALERNO - Tra Matteo Vaccaro e Antonio Procida non vi era alcun accordo per la gestione della campagna elettorale del 2015. Lo dicono i giudici della Corte d’Assise, che nelle motivazioni delle condanne per il duplice omicidio di Fratte sconfessano la versione fornita dal boss di Ogliara, ribadendo che fu invece proprio la rivendicazione di autonomia da parte del 41enne a innescare il suo litigio con Vaccaro e la decisione di quest’ultimo di vendicare l’affronto facendo uccidere sia lui che il 38enne Angelo Rinaldi , con cui Procida stava organizzando l’affissione dei manifesti di Lello Ciccone. I due, si spiega nella sentenza, rispondevano solo a Matteo Marigliano, il dipendente di Salerno Sistemi (fratello del capoclan Ciro ) a cui il candidato al consiglio regionale aveva affidato la campagna di affissioni e che gli aveva presentato, per la zona da Fratte a Ogliara, i due amici che i il 5 maggio 2015 furono uccisi a colpi di pistola nell’agguato in via Magna Grecia.