BUFERA SUL CILENTO

«Il clima “distrae” dai veri responsabili»

L’incubo Testene già segnalato negli anni Sessanta. Le accuse di Spira, segretario di Vassallo: «Si è costruito ovunque»

AGROPOLI - Spulciando un po’ la storia di Agropoli, è spuntato un articolo del 1961 pubblicato dal quotidiano Il Mattino dal titolo “I danni subiti ad Agropoli dal fiume Testene”. È di 61 anni fa ma è come fosse stato scritto ieri. «L’accorato appello dei cittadini alle autorità perché vengano attuate le provvidenze necessarie ad evitare il ripetersi di tali incidenti», si legge nel testo che ripropone gli stessi, identici problemi registratisi nelle ultime ore. Siamo prima del disastro del Vajont, la più grande tragedia italiana dal dopoguerra ad oggi. Cominciavano i folgoranti anni Sessanta, quelli del boom economico, della spensieratezza e del “Sorpasso”. Agropoli cominciava ad affermarsi come capitale turistica del Cilento, pochi anni prima il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat aveva posato la prima pietra per la costruzione del porto turistico. Agropoli cresceva a dismisura, un gioiellino cominciava a coprirsi di “case su case” non lasciando un filo d’erba, come cantava Adriano Celentano ne “Il ragazzo di via Gluk”.

Per aiutare meglio a capire quanto accaduto è utile il pensiero di Gerardo Spira, storico segretario comunale del compianto sindaco Angelo Vassallo e agropolese doc, uomo che ha partecipato alla crescita umana oltre che politico-culturale della città. Con una proverbiale vis polemica, dettata da amore e conoscenza del territorio, racconta: «La colpa agli eventi straordinari serve a distrarre dalle responsabilità pubbliche e private. Fossi, canali, torrenti a tempo, quando le costruzioni erano rare, venivano regolarmente tenuti a regime da qualche regola pubblica e dalle rispettate consuetudini secolari che impegnavano vicini e confinanti. Tutto defluiva a mare sotto l’occhio vigile degli abitanti. Poi dopo gli anni Sessanta si è fatta la corsa a costruire fino al ciglio stradale, e anche oltre, a coprire fossi e canali, ad eliminare torrenti e valloni a tempo, per un metro in più. Nessuno si è fatto un esame di coscienza. Anzi si dà la colpa al clima per i disastri provocati», il duro pensiero dello storico collaboratore del “sindaco pescatore”.

Anche altre associazioni sono sul piede di guerra. Come il Codacons che denuncia come tutto era previsto: «Non è un caso che il Comune di Agropoli, quale Ente capofila, si sia attivato nel corso degli ultimi anni per la stipula di un contratto di fiume che prevedeva proprio la messa in sicurezza degli argini, un Piano di Protezione civile comunale con specifico riferimento al rischio idraulico, la manutenzione delle sponde e dell’alveo. È questo il tempo di garantire la sicurezza per tutti i cittadini », la denuncia di Enrico Marchetti, presidente del Codacons Campania. «È necessaria una riflessione seria, abbiamo presentato una richiesta d’accesso agli atti al Comune di Agropoli per capire quanto è stato fatto in questi anni». E l’avvocato Pierluigi Morena dell’ufficio legale dell’associazione: «Resta una alluvione che stravolge l’ambiente e causa enormi danni alla comunità. Se emergessero dagli atti omissioni del Comune, ci adopereremo perché coloro che hanno subito danni dall’incuria abbiano il giusto risarcimento».

Roberto Scola