disagi al cimitero 

Il cipresso e la cappella che pende

Le case storte ad Amsterdam, la torre pendente a Pisa e le cappelle sbilenche nel cimitero di Battipaglia. Nel camposanto cittadino c’è una nuova attrattiva turistica: una pianta ha distrutto una...

Le case storte ad Amsterdam, la torre pendente a Pisa e le cappelle sbilenche nel cimitero di Battipaglia. Nel camposanto cittadino c’è una nuova attrattiva turistica: una pianta ha distrutto una tomba gentilizia. E se il proprietario si lamenta, dal Palazzo arriva una singolare controproposta: «Occupatevi voi dell’abbattimento dell’albero».
Ugo Foscolo chiedeva se è men duro il sonno della morte all’ombra dei cipressi, e due secoli più tardi la risposta negativa arriva da Battipaglia: giacciono nei loculi le salme della famiglia Ansalone, deposte nelle nicchie d’una cappella devastata dalla crescita d’uno dei sempreverde cari ai defunti. Il tetto a spiovente è lacerato dalle fronde verdi, e le radici del cipresso dell’Arizona hanno rialzato la pavimentazione da un lato: e così la cappella pende sulla tomba vicina.
«È pericolosissimo», tuona Luciano Ansalone, un pensionato battipagliese che amaramente mostra quel che accade nella cappella di famiglia: è lui il concessionario, e da dieci anni si rivolge ai piani alti di Palazzo di Città in attesa d’un intervento. Con il suo avvocato, ha scritto nell’ordine al commissario Pasquale Manzo, all’ex sindaco Giovanni Santomauro, a Mario Rosario Ruffo e alla triade straordinaria presieduta da Gerlando Iorio, e negli ultimi mesi s’è rivolto pure a Cecilia Francese, ma invano: «Ci incontrammo, e mi dissero che avrei potuto abbatterlo a mie spese», racconta incredulo Ansalone. «L’albero è arrivato alla frutta - commenta - e rappresenta un grave rischio sia per la cappella che per le persone».
Una pendenza evidente, ma poco più di due anni fa i tecnici di Alba s’occuparono d’una perizia statica della pianta e scrissero che non presentava segni evidenti di un ribaltamento, ma segnalarono la necessità di una potatura di contenimento, e l’ufficio ambiente certificò che non occorreva un intervento radicale sulla pianta in oggetto. Ventisette mesi dopo, la cappella è ancora più sghemba: sorge su un’area pubblica, ma da Palazzo avrebbero proposto al privato di farsi carico dell’abbattimento. «Dovrebbero occuparsene loro», dice Ansalone. Abbattuto, lui sì, dopo una vita di duro lavoro, mentre lotta contro una burocrazia che fa inalberare.(c. l.)
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