Il caso Torretta Cave: la procura chiede il sequestro dell’impianto

Pagani, scatta il ricorso in appello contro la decisione adottata inizialmente dal magistrato Sarebbero comprovati i rapporti dei Marrazzo con alcune organizzazioni criminali della zona

PAGANI. È fissato il prossimo diciassette maggio l’appello presentato dal procuratore generale per la confisca di beni a Francesco Marrazzo, cinquantacinquenne, e a Salvatore Marrazzo, “Totore o’cuozzo”, quarantenne, tra cui quote societarie della Torretta Cave, conti correnti e partecipazioni. Dopo la prima richiesta di confisca da parte della Dda di Salerno del sedici marzo 2011, rigettata dalla sezione misure di prevenzione il 25 ottobre 2011, la procura aveva impugnato la decisione.

«Devono ritenersi acquisiti a carico di Marrazzo Francesco inconfutabili indizi circa il fatto che il medesimo viva abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose e sia titolare di beni frutto di attività illecite dei quali non può giustificare la legittima provenienza». Il tribunale aveva ritenuto di scarsa entità i diversi episodi a carico di Franco Marrazzo, valutando con la perdita di attualità i precedenti di camorra di Salvatore Marrazzo. Nell’attuale appello la procura di Salerno rievoca i rapporti con il boss Luigi Iannaco, “o’ zì Maisto”, con una clamorosa irruzione del 2004 della polizia in un locale dell’area vesuviana mentre i due parlavano delle costruzioni Iacp a San Lorenzo, zona di riferimento del clan, ricordando poi il ruolo di mediatore per la tangente al Garden Bar, e ancora i rapporti con il boss Pietro Selvino, per il quale fu accusato e assolto di essere un fiancheggiatore, fino agli accordi col clan Contaldo di Pagani per versare quote delle forniture di calcestruzzo piuttosto che pagare le estorsioni. Tutto questo, scrive la procura, «con una costante contiguità del Marrazzo rispetto alla criminalità organizzata operante nell’Agro nocerino», aggiungendo agli incontri riferiti dal pentito Domenico Califano con Vincenzo Confessore, esponente di spicco del clan Fezza-D’Auria. La procura ha documentato una «stretta connessione nel tempo tra i successi imprenditoriali delle sue società e le organizzazioni malavitose egemoni nei territori dove operava».

Se col provvedimento di rigetto il tribunale di sorveglianza aveva ravvisato per la società Torretta “una difesa delle quote di mercato”, la procura ribatte piuttosto dei vantaggi legati allo status di imprenditori collusi, ricostruenndo rapporti «con pressoché tutti i capobastone avvicendatosi nei territori», «per vincere la concorrenza e avvantaggiarsi direttamente o indirettamente della forza d’intimidazione dell’organizzazione mafiosa». La procura ha presentato appello per ottenere “la confisca previo sequestro” delle quote di partecipazione alla Torretta Cave, quote della Paganese Calcio, beni patrimoniali e conti correnti, con la sorveglianza speciale per i Marrazzo per tre anni.

(a. t. g.)

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