Il calo demografico svuota le aule  Sempre meno alunni 

Tra dieci anni stimata una riduzione fino al 20% in Campania Fondazione Agnelli: drastico taglio anche per le classi

SALERNO. Meno studenti e, quindi, meno classi e insegnanti anche a Salerno. L’equazione non fa una grinza ed è la proiezione, da qui al 2028, della Fondazione Agnelli. Le ripercussioni per via della diminuzione degli studenti naturalmente ci saranno anche nella nostra provincia, anche se adesso è difficile quantificare con precisione il calo di classi e di docenti. A livello regionale, comunque, è già possibile fare delle previsioni. La popolazione scolastica diminuirà del 15% nella scuola dell’infanzia, del 20% nella primaria, del 19% nella secondaria di I grado e del 14% nella secondaria di II grado. Le sezioni in meno, invece, per l’infanzia saranno 945, per a primaria 2.371, per la secondaria di I grado 1.469 e per la secondaria di II grado 1.866. Le ragioni di questa contrazione demografica – a detta della Fondazione Agnelli – vanno ricercate, in primo luogo, nella diminuzione del numero delle madri potenziali e del loro tasso di fecondità, in particolare delle donne straniere. Ma conta anche la riduzione dei flussi migratori internazionali, con un saldo migratorio con l’estero sceso dal 7,5 per mille nel 2007 al 3 per mille nel 2017.
La diminuzione della popolazione studentesca investirà nei prossimi 10 anni in modo progressivo e differenziato tutte le aree e le regioni del Paese, a partire dalla scuola dell’infanzia e dalla primaria. La popolazione fra 3 e 5 anni è in diminuzione ovunque già da oggi, portando nel 2028 a una riduzione di circa 6.300 sezioni della scuola dell’infanzia a livello nazionale, a regole vigenti. Gli iscritti alla scuola primaria (6-10 anni) diminuiranno consistentemente al Nord, al Centro e al Sud (con un picco del 24% in Sardegna e del 20% in Campania, ma lo stesso Veneto scenderà del 18%) con una perdita di circa 18mila classi. Gli iscritti alla scuola media (11-13 anni) continueranno a crescere debolmente per qualche anno al Nord e al Centro, per poi unirsi al Sud nel declino, con una perdita totale al 2028 di circa 9.400 classi. Una traiettoria simile alle medie – sebbene più spostata in là nel tempo – avrà anche la popolazione fra i 14 e i 18 anni, con una perdita complessiva alle scuole superiori di circa 3mila classi nel decennio (in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Lazio il saldo nel 2028 sarà, però, ancora positivo).
E, in virtù della diminuzione delle popolazione scolastica, ci potrebbe essere anche una contrazione delle cattedre, con oltre 55mila in meno, a partire dai gradi inferiori. In base alle regole vigenti si assisterà anche a un rallentamento nel turnover: i nuovi insegnanti immessi in ruolo saranno in numero inferiore agli insegnanti che usciranno. Dunque bisognerà correre ai ripari e – secondo la Fondazione Agnelli – una prima possibilità, per il Governo, sarebbe quella di non fare nulla: accettare la riduzione degli organici determinata dal declino demografico, con la conseguente minore capacità di rinnovamento del corpo docente. Tale soluzione potrebbe portare, peraltro, a un risparmio di quasi 2 miliardi di euro annui.
Ma ci sono altre ipotesi. Una potrebbe essere aumentare il numero medio di insegnanti per classe, come avvenne nel 1990 con l’introduzione del modulo didattico alle scuole elementari, favorendo lo sviluppo di forme di co-progettazione interdisciplinare anche ai gradi superiori. Una seconda eventualità consiste nella riduzione del numero medio di studenti per classe. «L’alternativa che tuttavia appare preferibile a chi dà priorità al miglioramento della qualità dell’istruzione in Italia – spiega Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli – è un rafforzamento generalizzato della “scuola del pomeriggio”, con più possibilità di scelta del tempo pieno/prolungato, attività integrative, supporto ai percorsi personalizzati, contrasto all’abbandono».
Gaetano de Stefano
©RIPRODUZIONE RISERVATA.