Il buco nero delle società strumentali

In liquidazione quella creata per facilitare l’approdo sui mercati esteri, “cancellate” anche Polaris e Jurimpresa

SALERNO. Lo scorso 12 aprile la Giunta della Camera di commercio (composta oltre che dal presidente Andrea Prete, da Mario Arciuolo, Gennaro Bonomo, Pietro Caggiano, Sergio Casola, Gianfranco Ferrigno, Mariano Lazzarini, Mauro Maccauro e Aldo Trezza) aveva deciso la dismissione d’Intertrade, l’azienda speciale, nata nel 1997, che avrebbe dovuto favorire i processi di internazionalizzazione delle imprese della provincia. E che, invece, si è rivelata un vero e proprio flop, soprattutto finanziario. La decisione di liquidare Intertrade era stata presa in quanto non vi era la possibilità di rilancio. Troppo consistenti i debiti (che ammontano a più di un milione e 500mila euro), a cui si era aggiunta anche l’inchiesta della Procura, peraltro incoraggiata e favorita dallo stesso esecutivo dell’Ente camerale, e dal presidente Prete. Che non ha mai nascosto l’intenzione di voler fare chiarezza in una situazione alquanto nebulosa, anche a costo di far intervenire la giustizia. E, proprio in quest’ottica, deve essere interpretata la nomina a commissario dell’ex magistrato Alfredo Greco. Una scelta fatta non a caso, per accendere la luce in quella stanze rimaste per tanto tempo al buio e scacciare i fantasmi che, sempre più spesso, in questi ultimi tempi, popolavano gli uffici della Camera di commercio. Che, proprio con le società partecipate aveva subito un duro smacco. Oltre a Intertrade, infatti, non si erano rivelate un grande affare anche le altre due aziende collegate all’Ente camerale salernitano: Polaris (che si proponeva l’obiettivo di diffondere la cultura d’impresa) e Jurimpresa (organismo di mediazione). Aziende che improvvisamente sono uscite fuori dai radar, dapprima accorpate a Intertrade e poi sparite con un atto unilaterale della Giunta, senza che i rispettivi Consigli d’amministrazione approvassero il bilancio finale.

Tornando ad Intertrade, il compito affidato all’ex procuratore capo di Vallo della Lucania era proprio quello di sviscerare i segreti dell’azienda speciale. E Greco aveva segnalato, attraverso un dossier, ai suoi ex colleghi alcune presunte irregolarità. Tra cui la concessione di un finanziamento del Monte dei Paschi di Siena e la relativa fideiussione di 600mila euro. Uno dei tanti lati oscuri dell’azienda, che doveva essere la cassaforte dell’Ente ma che, invece, si era rivelata un pozzo senza fondo, con ammanchi e presunte illegalità.

Il commissario Greco aveva posto la lente d’ingrandimento su questo finanziamento, ricostruendo la genesi e scoprendo come non fosse stata seguita la necessaria e obbligatoria procedura. L’allora presidente Vincenzo Galiano, infatti, come era stato riportato nel rapporto che venne esibito in Giunta, “aveva ottenuto la facoltà di richiedere finanziamenti con l’obiettivo strategico dell’allineamento fra gli stanziamenti, di cui alla copertura economica degli investimenti programmati ed il relativo fabbisogno finanziario”. Dopo appena 14 giorni dalla deliberazione erano cominciate le trattative tra Intertrade e il Monte dei Paschi di Siena. E si verificarono le prime stranezze procedurali. “Il direttore Innocenzo Orlando – è scritto nella minuziosa ricostruzione – dopo due settimane presenta al Monte dei Paschi di Siena, benché non fosse stata precisata l’entità del fabbisogno, una richiesta di prestito di 500mila euro, da rimborsare in 60 rate”. In questo caso l’anomalia segnalata era che a inoltrare la richiesta non era stata né direttamente la Camera di commercio e neppure il Consiglio di amministrazione dell’azienda speciale, ma il direttore.

In questo puzzle era comparso anche l’ex presidente dell’Ente camerale, Guido Arzano. “L’8 ottobre del 2014 -è specificato nel documento - Galiano richiede ad Arzano di procedere con estrema urgenza ad acquisire un provvedimento di asservazione e patronage istituzionale, senza specificare come fosse già stata inoltrata la richiesta di un prestito di mezzo milione di euro”. Questi soldi, come era stato sottolineato, sarebbero serviti per “la progettazione integrata e l’asset estero-marketing territoriale”. Arzano, pertanto, inviò la richiesta di patronage ma qui si è concretizzata un’ulteriore difformità: la richiesta di finanziamento non è stata portata a conoscenza della Giunta camerale. Il 6 novembre 2014 Arzano aveva sottoscritto la fideiussione di 600 mila euro. E sono proprio questi passaggi che non erano stati riconosciuti dalla Camera di commercio, per via della carenza di documentazione. Una mancanza di cui si sarebbe dovuta accorgere anche lo stesso istituto di credito. Ma così non era stato. Pertanto l’Ente aveva appurato l’esistenza di un “problema di riconoscibilità del debito fuori bilancio”. E questo per tre motivi: “Violazione delle procedure giuscontabili, eluse nell’impegno finanziario assunto dall’ente; l’esistenza dell’arricchimento dell’Ente con il bene fornito; la fornitura deve rientrare nell’ambito di prestazioni istituzionali”.

Gaetano de Stefano

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