I testimoni in aula non ricordano nulla

Nell’udienza di ieri nessuno è stato in grado di riconoscere l’aggressore di Dario Ferrara. Rrimane il giallo del casco

Testimoni reticenti, consulenze discordanti: non si sciolgono ancora i nodi sulla l’uccisione di Dario Ferrara, il giovane morto dopo una colluttazione con Francesco Paolo Ferraro, avvenuta il 25 aprile dello scorso anno. Ieri mattina udienza clou, ma anche conclusiva del processo che si sta celebrando dinanzi alla Corte d’Assise, presidente Matteo Palumbo, a latere Claudia D’Avino.

Sul banco dei testimoni il medico legale della Procura, Giovanni Zotti, che ha dovuto chiarire alcuni aspetti della perizia tecnica. In particolare, il consulente ha spiegato in base a quali elementi ha dedotto che il corpo contundente con il quale è stato colpito il giovane era un casco o un oggetto simile. Il medico ha ribadito che due furono le lesioni principali che indussero il coma e poi la morte di Ferrara, entrambi inferti con un corpo rotondo, presumibilmente un casco. Tesi contrastata dal consulente della difesa, rappresentata dall’avvocato Vincenzo Calabrese, il quale ha sostenuto che Ferrara aveva una pluralità di lesioni tutte importanti che potrebbero essere state causate anche da una caduta a terra o da un corpo contundente. Tesi sulla quale si sono soffermate le domande dei giudici. Il casco sembra essere il punto nodale del processo, l’arma del delitto che non si è mai trovata e che nessuno pare abbia mai visto. Il consulente della difesa ha sottolineato che la vittima aveva assunto droga. La dinamica, il movente e i particolari di quanto accaduto sembra siano stati rimossi anche dagli amici della vittima. Non sono state illuminanti le testimonianze di tre amici di Dario, bersagliati dalle domande del pm Cacciapuoti, dei giudici e dell’avvocato di parte civile Michele Alfano. Martino Battipaglia ha sostenuto di non aver visto cosa era accaduto tra i due e quale il motivo che scatenò la lite.

Battipaglia fu tra i primi ad arrivare in ospedale insieme alla vittima e fu lui che – secondo la testimonianza della mamma del giovane – raccontò cosa era accaduto. Neppure Annunziata Reo e Chiara Pisciotta hanno chiarito cosa videro. Una di loro, che fu l’ultima a vedere Dario prima della colluttazione con Ferraro, ha sostenuto che stava andando via e facendo retromarcia aveva visto l’amico a terra: litigava con un giovane robusto che non conosceva. Nessuno dei testimoni ha affermato con certezza di aver visto l’imputato colpire il loro amico, ma anche se l’aggressore aveva un casco. La reticenza dei testimoni è stata più volte redarguita dal presidente e il pm valuterà se chiedere la trasmissione al suo ufficio per falsa testimonianza.

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