l’esperto

«I soldati italiani sono vittime dell’inquinamento bellico»

«I soldati in missione di pace respirano tantissime particelle. In sostanza inalano gli effetti di quello che io definisco inquinamento bellico». A sostenere questa tesi è Antonietta Gatti,...

«I soldati in missione di pace respirano tantissime particelle. In sostanza inalano gli effetti di quello che io definisco inquinamento bellico». A sostenere questa tesi è Antonietta Gatti, bioingegnere e uno dei massimi esperti mondiali in nanopatologie. Tant’è che è stata componente delle tre Commissioni parlamentari d’inchiesta sull’uranio impoverito. «Ho analizzato più di 100 tessuti patologici - confida - e in nessuno ho trovato uranio». Ma sono stati isolati tanti altri metalli, altamente tossici. «Esaminando il caso di un tumore della pleura - sottolinea - abbiamo trovato piccolissime particelle di antimonio. Da una biopsia polmonare è risultata la presenza di tungsteno, materiale utilizzato nella produzione di lampadine e presente nella corazza dei carri armati: ritrovarlo all'interno di un polmone non è assolutamente normale».

«Nel caso di un linfoma di Hodgkin - aggiunge - è stata rinvenuta una particella molto particolare perché composta da fosforo, cloro, piombo e cromo». Questi sono solo alcuni degli esempi. Ma la lista potrebbe continuare ancora e include polveri che non sono assolutamente presenti tra quelle normalmente annoverate tra l’inquinamento atmosferico delle città italiane. Dunque i soldati hanno respirato le sostanze in altri luoghi. «Quando una bomba esplode - chiarisce Gatti - provoca un effetto aerosol. E più è alta la temperatura più queste polveri sottili s’insinuano nell’organismo e raggiungono gli organi vitali. E dove si concentrano maggiormente possono dar luogo ad un problema».

E i soldati italiani sono stati esposti, in molte missioni, proprio a questi effetti, senza che nessuno li avvertisse. Anche perchè l’inquinamento prodotto dalle esplosioni in pratica è perenne. E ad essere contaminate sono pure le falde acquifere e il cibo. Per adesso, tuttavia, nessuno ha ammesso il collegamento tra l’esposizione dei militari e le forme cancerose. Anche perché, in caso di ammissione di colpa, lo Stato dovrebbe risarcire milioni di euro. Anche se la dottoressa Gatti è convinta che vi sia un nesso causale. «In tutti i casi - ribadisce - che abbiamo analizzato, intorno agli organi colpiti dal tumore abbiamo trovato polveri». Dunque i soldati italiani potrebebro essere sottoposti ad una contaminazione silenziosa e letale . «Cio che respirano inconsciamente - avverte Gatti - sono gli effetti devastanti delle esplosioni ad alta tecnologia. Che fanno polverizzare il bersaglio, disperdendolo nell’aria. Basti pensare ad un tunnel bombardato, oppure ad edifici che ospitavano fabbriche».

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