OPERAZIONE "EL FAKIR"

I retroscena del blitz: la passione per i rolex e il sogno di una pizzeria

Soldi per la start up del locale di Torrione, “Tiger” doveva riciclare tanto contante

SALERNO - Un’ingente quantità di soldi messi da parte con il traffico transnazionale di stupefacenti erano difficili da ripulire. Per questo, Fiorenzo Parotti aveva pensato a varie possibilità di riciclaggio. “Tiger”, come veniva soprannominato, aveva una passione per gli orologi Rolex, Ne aveva acquistati più di uno, anche dal costo di 13mila euro di valore singolo. Li aveva in custodia da una terza persona onde evitare un possibile sequestrato. La grossa quantità di denaro ottenuto con i chili di cocaina e altri stupefacenti importati e spacciati richiedeva altre forme di investimento.

Non bastavano neppure i fiduciari che custodivano forti somme. I lauti guadagni illeciti Parotti li aveva investiti in due attività commerciali: una di questa è la pizzeria “’a Puntella”. Parotti risultava dipendente della lavanderia Krisma di via Pietro Del Pezzo, dove sarebbe, secondo gli inquirenti, il vero titolare. Il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto “’o biondo”, altro soprannome di Parotti, gestore di fatto della lavanderia in franchising di Torrione, nella quale si vedevano anche altre figure legate al mondo dello spaccio di sostanze stupefacenti. La passione di Parotti era la pizzeria. Un progetto non facile da realizzarsi, considerata la sua storia personale che era da ostacolo per ottenere il finanziamento da Invitalia con l’iniziativa “Resto al Sud”. Gli servivano dei prestanome che potessero essere irreprensibili soci effettivi, mentre lui era quello occulto. Un progetto al quale teneva tantissimo, tanto da scegliere il nome “’a Puntella”: locale di via Ugo Foscolo, alle spalle del borgo Picarielli a Salerno. Il nome gli era venuto appena rientrato da un viaggio in Albania.

Di questa iniziativa ne parlano già a fine 2017 il pizzaiolo Amedeo Romano e lo stesso Parotti. L’idea prende forma e si inserisce in un’area urbana di nuovo insediamento a pochi passi da Torrione e Pastena. Nel giugno dell’anno successivo furono firmati i contratti di affitto del locale, di cui si interessano in modo particolare Alessandro Genovese e Romano. C’è il problema di giustificare i soldi usati per la start up. In un’intercettazione, Genovese e Romano escogitano una scusa plausibile da utilizzare in banca per non destare sospetti nel cassiere: bisognava dire che dovevano versare i soldi per poi emettere un assegno per pagare le spese di un battesimo. Una casuale fasulla sull’operazione bancaria per mascherare la provenienza del contante. Al fine di avviare l’attività della pizzeria, inoltre, furono versati da Romano 2.500 euro quale corrispettivo del 25% del capitale della Team Pizza Srl, ma non c’è traccia alcuna di prelievi. Successivamente veniva versato da Genovese l’altro 75% del capitale.

Pure questi soldi spuntano dal nulla. Più volte, in intercettazioni ambientali, Parotti avrebbe affermato di aver impiegato solo proprio disponibilità finanziarie per 260mila euro per la pizzeria, facendo anche riferimento a Romano che, come gli altri soci fittizi, non avevano contribuito in nessun modo. In pratica, il vero finanziatore dell’operazione era Fiorenzo Parotti. E le “carte a posto” (soci puliti, regolari contratti di fitto dei locali, società costituita con tutti i crismi di legge) servivano solo per incassare i fondi di “Resto al Sud”: i finanziamenti per chi vuole intraprendere un’attività nel Mezzogiorno. Quei 70mila euro a fondo perduto erano destinati non alla pizzeria di successo, qual è “‘a Puntella”, ma ai traffici di Parotti di far soldi. Quelli della droga.

(s.d.n.)