«I platani del viale danneggiati dal taglio» 

L’agronomo Biondi: «La potatura effettuata anni fa seguì tecniche che oggi sicuramente non verrebbero adottate»

«Dobbiamo seguire i platani nel loro arco vitale, un errore del passato ha compromesso la loro naturale crescita». Nelle scorse settimane, il professor Francesco Paolo Abbinente, noto storico locale ed autore di libri sulla storia e cultura ebolitana, aveva lanciato un allarme ambientale segnalando come i platani che si susseguono lungo il viale Amendola stessero ormai perdendo la loro rigogliosità, tra l’altro molto tempo prima dell’arrivo dell’autunno, cosa che lo storico ha sottolineato fortemente indicando i tronchi marcescenti occupati da colombi infetti come il fulcro della malattia che ha attaccato gli arbusti e che man mano li porterà inevitabilmente alla morte.
Ma per capire meglio cosa abbia realmente portato i platani ad ammalarsi e a presentarsi nello stato in cui sono oggi, bisogna fare un bel salto indietro nel tempo, a quando ci fu in città una massiccia “potatura” degli alberi, eseguita - con il senno di poi - utilizzando tecniche particolari che però, successivamente, si sono rilevate particolarmente dannose per questo tipo di pianta. Sulla questione è intervenuto Michele Biondi, rinomato agronomo ebolitano con laurea in scienze forestali: «Bisogna tornare indietro almeno di quindici anni per focalizzare il momento in cui si è deciso l’esito vitale di questi platani – racconta Biondi – a quei tempi, infatti, non si conoscevano tante tecniche di potatura come le abbiamo oggi e quindi spesso per gli addetti ai lavori una valeva l’altra, oggi invece sappiamo molto di più sulle tecniche di potatura e dunque il taglio che è stato fatto quasi due decadi fa è qualcosa che oggi sicuramente non potrebbe più accadere».
Oltre a sottolineare come la questione platani sia un problema che riguardi tutto il sud Italia e non solo la cità di Eboli, Biondi ha poi spiegato nei dettagli i danni provocati da un taglio selvaggio di platani avvenuto quasi vent’anni fa e di cui lui stesso ha visto le conseguenze in modo diretto, essendosi occupato nel 2014 della redazione del “Piano del Verde” per la città di Eboli: «Ebbi l’occasione e la fortuna di poter dare il mio contributo per risanare i danni subiti da questi alberi. Quando ci fu il taglio, fu adottata la tecnica cosiddetta della “capitozzatura”, che al giorno d’oggi usiamo esclusivamente per gli alberi da frutto. A quei tempi – spiega ancora Biondi – tanti dettagli tecnici non si sapevano, comunque questo tipo taglio avviene sopra il punto di intersezione con il tronco o con un altro ramo principale, in modo che rimanga solo quest’ultimo o una parte della chioma. Con il taglio della chioma, l’albero dovrebbe attivare le gemme apicali, che sono quelle che in particolare regolano la crescita dell’albero e gestiscono la linfa vitale della pianta, che purtroppo questi alberi non hanno più, essendo state tagliate, portando in questo modo l’arbusto a non avere più nessun ritorno di linfa».
La situazione attuale, dunque, è figlia di specifici errori del passato e ciò che si può fare per salvaguardare un autentico pezzo di storia del viale Amendola di Eboli è «accompagnarli nel miglior modo nell’arco della loro vita, sostituendoli al momento opportuno con alberi nuovi».
Filippo Folliero
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