bellizzi

I Picarone assolti da un’altra accusa di estorsione

BELLIZZI. L’accusa era quella di avere ottenuto con violenza e minacce l’intestazione di un appartamento e di un locale commerciale, ma ieri Rosario Picarone e il figlio Mario sono stati assolti dall’...

BELLIZZI. L’accusa era quella di avere ottenuto con violenza e minacce l’intestazione di un appartamento e di un locale commerciale, ma ieri Rosario Picarone e il figlio Mario sono stati assolti dall’accusa di estorsione. È la seconda volta in meno di una settimana, dopo che venerdì scorso è stata derubricata in esercizio arbitrario delle proprie ragioni un’altra accusa di estorsione, in quel caso a un commerciante di abbigliamento. Stavolta la vicenda riguarda un’operazione immobiliare, che Rosario Picarone avrebbe organizzato con la complicità del figlio, risultato prestanome del genitore e intestatario formale dei cespiti. Secondo gli inquirenti i due avrebbero minacciato in più occasione una donna e il marito affinché gli cedessero appartamento e negozio, per consentire di risolvere i problemi con certi creditori che premevano per la restituzione del denaro. «Vi faccio un buco in pancia» una delle minacce citate dagli investigatori. Quelle proprietà sarebbero state poi rivendute, una alla madre della donna minacciata, a cui sarebbe stato imposto l’acquisto.

Le accuse sono però cadute ieri mattina nel corso del giudizio abbreviato. Il difensore Luigi Capaldo ha dimostrato che negli atti dell’inchiesta non vi è prova di una condotta estorsiva e ha spiegato con precedenti rapporti finanziari le operazioni immobiliari attribuite ai Picarone. Il giudice dell’udienza preliminare si è pronunciato quindi per un’assoluzione “perché il fatto non sussiste”. Una conclusione analoga a quella a cui si è giunti pochi giorni fa nel processo, anch’esso in abbreviato, per la presunta estorsione al negoziante. In quel caso Rosario Picarone e i figli Mario e Vito sono stati comunque condannati, ma per esercizio arbitrario delle proprie ragioni e a una pena sospesa di quattro mesi invece che ai quattro anni chiesti dal pubblico ministero. Decisiva è stata la ricostruzione di un credito nei confronti della presunta vittima, una somma di circa 14mila euro a saldo di lavori di ristrutturazione in uno show room a Roma.

©RIPRODUZIONE RISERVATA