IL RACCONTO

I nuovi divieti: il rito irrinunciabile del calcetto

È l’appuntamento settimanale: con gli sfottò su Whatsapp, la gara dura 3 giorni

C’è una sera in cui si ferma tutto. È quella settimanale, dedicata al calcetto. Pioggia, vento o ciel sereno, poco importa. La partita a calcetto si gioca sempre. Mogli, fidanzate e amanti lo sanno: l’evento è sacro, ogni appuntamento è revocato. Nell’italico Stivale c’è una moltitudine di maschi in pantaloncini, cugini di Messi o cognati di Ronaldo. Non c’è riunione che tenga, appuntamento più adrenalinico. La partitella con gli amici è come la gita fuori porta. É segnata in rosso, sul calendario in cucina. Come il 1 maggio o i fuochi d’artificio a Ferragosto. Compleanno in famiglia o festa della nonna, passano tutti in secondo piano. A trasformare il calcetto è stato soprattutto la rivoluzione digitale. I telefonini moderni, l’applicazione whatsapp. La partita, oggi, non dura più un’ora. La sfida parte tre giorni prima del fischio d’inizio. Con le canoniche convocazioni. «E allora... chi c’è per la partita di venerdì?».

E lì bisogna essere veloci, come Eastwood nei film di Leone. Chi prima risponde, gioca. Gli altri, rischiano la panchina. I primi a prenotarsi, preparano il borsone con 48 ore d’anticipo. La maglia della squadra del cuore? «Ce l’ho. I calzettoni intonati, pure. Gli scarpini puliti, anche ». Chi risponde in ritardo, finisce in panchina. Nel limbo degli speranzosi. Quelli che si augurano la “sciagura” matrimoniale di un amico, pur di rientrare nella lista dei beati. Raccolte le adesioni, si formano le squadre. E qui iniziano i “preliminari” del calcetto. Ancora su whatsapp. Sul numero privato dell’organizzatore: «Io con quello in squadra non ci gioco, non passa mai la palla».

Trovare gli equilibri tra le formazioni, è una faticaccia. Ci sono amicizie trentennali finite per un calcio di rigore non concesso. C’è poi il disturbatore del gruppo, che in chat fa le domande più scontate: «Ma a che ora si gioca? Nove o nove e trenta?». L’orario è quello di sempre. La richiesta è pleonastica. Finita la partita, arriva il momento dei selfie. La vendetta irrinunciabile. La squadra vincente, scimmiotta i campioni di serie A. Scatta la foto, con linguaccia e smorfia derisoria dedicata agli sconfitti. Seguìta da due giorni di commenti. Sui gol sbagliati. Sui falli kamikaze. Sul rigore calciato nell’uliveto. A mettere tutti d’accordo, è la pizza post calcetto. Senza limiti. Alle calorie, agli sfottò e alle risate.

(f.f.)