«I morti della frana di Montalbino cancellati da un cavillo»

La rabbia del Comitato Vittime dopo la Cassazione «È la sconfitta di Nocera che ha dimenticato i suoi figli»

«Un processo del genere, con tre morti, non si può annullare per un cavillo»: è arrabbiato Alfonso Mazzariello, genero di Alfonso Cardamone e nipote di Rosa e Mattia Gambardella. Il presidente del Comitato Vittime della frana del 4 marzo 2005 non si rassegna, così come gli altri familiari dei morti e dei danneggiati dalla lava di fango che undici anni fa sconvolse Nocera Inferiore. Le sezioni unite della Cassazione hanno accolto il ricorso dell’avvocato Arnaldo Franco, difensore di Francesco Amato, unico imputato nel processo, annullando sia la condanna in primo grado che la sentenza d’appello, che dichiarava la prescrizione ma confermava le statuizioni in favore delle parti civili.

Un avviso non notificato, questo il punto su cui il difensore ha fatto leva. Nel 2011 Amato fu condannato in primo grado dal Tribunale di Nocera Inferiore alla pena di tre anni di reclusione, per omicidio colposo plurimo e frana colposa. Nel 2015 la Corte di Appello di Salerno dichiarò giusta la condanna di primo grado e l’avvenuta estinzione per prescrizione dei reati. Giovedì c’è stato l’ultimo atto, dopo undici anni e venti udienze.

«La Corte di Cassazione a sezioni unite ha solo stabilito, a nostro parere sbagliando – hanno commentato gli avvocati Rosario Iannuzzi, Mario Ianulardo e Tommaso Bartiromo, legali delle parti lese – che sussiste un difetto di notifica e che esso causa la nullità della condanna, per un cavillo formale. Nonostante ciò il colpevole della frana e dei morti è Amato poiché la sua responsabilità penale è stata accertata dal Tribunale di Nocera, e confermata dalla Corte d’Appello di Salerno, nel processo che si sta celebrando. Ma la pena nei suoi confronti non sarà eseguita perché i reati si sono prescritti; e prescrizione significa solo che lo Stato, pur avendo riconosciuto colpevole Amato, rinuncia a punirlo perché è passato troppo tempo dalla commissione dei reati».

L’avvocato Franco ha fatto leva su un avviso, quello per l’udienza preliminare, notificato a un indirizzo «dove la zia di Amato dichiarò che abitavano insieme e non vi era alcun altro domicilio indicato negli atti», hanno rilevato dall’accusa. «C’è un vizio procedurale, non una non colpevolezza – ha aggiunto Mazzariello –, non ci aspettavamo certo questa fine. È vedere il pelo e non la trave. Tutti i periti nominati erano concordi sul fatto che la realizzazione delle strade era stata la causa di quello smottamento».

Il presidente del Comitato ha detto che la sconfitta non «è solo nostra, ma dell’intera città di Nocera Inferiore che ha dimenticato i suoi figli. Dopo undici anni nemmeno una strada gli è stata dedicata». Mazzariello ha lanciato un appello alle istituzioni: «La montagna era ed è pericolosa. Gli alberi stanno crescendo orizzontalmente eppure nessuno sembra interessarsi. Nocera è in pericolo, la montagna non è sicura».

In giudizio si era costituita come parte civile Legambiente: «Un cavillo non cancella l’accertamento dei fatti, né la responsabilità individuata – ha dichiarato Luca Pucci, del circolo Leonia –, ma permette solo di sottrassi alle conseguenze. I fatti restano».

Salvatore D’Angelo

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