Il personaggio

I mille volti di Nicola Provenza

Intervista al medico-allenatore-politico e ora anche attore, che ha debuttato al "Genovesi" nell'ambito della stagione tetarale della Compagnia dell'Eclissi

Filo conduttore, la passione. Solo la passione può unire e spiegare tutte le attività che hanno declinato la vita di Nicola Provenza. È impossibile trovare un legame tra gli impegni assunti in questi anni, è impossibile leggere uno schema. Nicola Provenza è un uomo dai mille volti.

Nato dottore in gastroenterologia ed endoscopia digestiva, cresciuto allenatore di calcio e commentatore tecnico, riscopertosi professore e guida per i giovani fino ad arrivare alla politica e all’impegno civile. Senza dimenticare la scrittura. E sabato e ieri al Genovesi (primo spettacolo in cartellone per la stagione 2016-2017 della Compagnia dell’Eclissi) Provenza ha debuttato anche in teatro, per la prima volta nelle inediti vesti di attore. «Ma io non sono un professionista», precisa subito il salernitano più poliedrico della città. Quella per il teatro è solo l’ultima delle passioni di Nicola Provenza, un uomo che ha sempre la forza di scoprire nuovi orizzonti e di proporsi, per usare una metafora, su nuovi palcoscenici. Impossibile prevedere dove sarà fra qualche anno, ma adesso il suo tempo, la sua attenzione, la sua concentrazione è dedicata al teatro.

Dottor Provenza, come è nata la passione per il teatro?

«Due anni fa ho cominciato a frequentare il laboratorio teatrale di Roberto Lombardi, attore di grandissimo valore che prima di tutto è una persona di grande sensibilità. Credo che il teatro sia un grande modo per conoscere sé stessi e per ascoltare gli altri. Andare sul palcoscenico ci insegna a metterci a nudo. Questa rappresentazione mi ha gratificato, le energie che prima canalizzavo sul calcio ora le dedico al teatro. Ma non chiamatemi attore».

Perché non sente di essere un attore?

«È una parola troppo grossa che non mi appartiene. Lo dico perché ho grande rispetto per chi fa l’attore professionista, così come per chiunque faccia qualunque attività».

Ci racconti “Uccelli, uccellacci e uccellini”.

«È una storia singolare e felice liberamente ispirata agli “Uccelli” di Aristofane. È un’ora di spettacolo allegro e simpatico, ma ricco di spunti utili per riflettere su alcune dinamiche del nostro tempo. Sul palco entriamo e usciamo da diversi personaggi: io sono un sacerdote, ma anche un uccello. Non è stato facile».

Come può descrivere l’emozione di salire sul palcoscenico?

«All’emozione pura prevale il piacere di aver condiviso questa esperienza con Roberto e gli altri attori. L’adrenalina di quel momento, comunque, la posso paragonare alla vigilia di una partita importante».

Ed ecco che riemerge un altro pezzo del passato di Nicola Provenza. Ma qual è il suo mestiere principale?

«Io sono un medico. In questo momento è la mia sola attività professionale e spendo tutte le mie energie. Lavoro a tanti progetti importanti, uno dei quali rivolto principalmente ai giovani. Si chiama Progetto 25 ed è partito quattro anni fa. Il mio obiettivo è restituire ai più giovani quello che i maestri mi hanno precedentemente donato: voglio regalare la mia esperienza. Credo sia giusto trasferire determinati valori. Ci sono comunque altre attività in cantiere, soprattutto sulla gastroenterologia».

Abbandonata, quindi, la carriera da allenatore?

«Ancora no. Dopo ventitré anni di fila splendidi non mi sento ancora di chiudere quella porta. Il calcio mi ha regalato un percorso meraviglioso, mi ha fatto conoscere tante persone: ho vissuto momenti indimenticabili, che mi hanno arricchito e gratificato nel ruolo di formatore. Sono ancora impegnato nel calcio. Oggi incontro e condivido esperienze con ex calciatori, alcuni dei quali fuori dal mondo del pallone. Ma parlo anche con tanti allenatori, uno su tutti il mio vecchio allievo Massimo Rastelli, allenatore in serie A con il Cagliari e mio compagno di corso al master di formazione. Mi fa sempre piacere rimanere in contatto con i vecchi amici, vuol dire che i legami costruiti non si sono sciolti».

Da quanto tempo non si dedica principalmente allo sport?

«L’anno scorso ho rifiutato una proposta da un importante club italiano, che mi ha dato la possibilità di ricoprire un ruolo dirigenziale: ho detto no perché mi sto dedicando ai giovani e alla comunicazione scientifica».

E in quest’ultimo anno si è dedicato molto anche alla vita pubblica, entrando in politica con il Movimento Cinque Stelle.

«Ma non può definirsi una vera e propria carriera politica. Ho provato a manifestare un impegno civile, una testimonianza in un’area che ha bisogno di ascoltare una voce diversa. Per utilizzare una metafora teatrale, non bisogna restare dietro le quinte ma salire sul palcoscenico. Chi secondo me ha la possibilità di farlo perché è conosciuto ha la responsabilità di mettersi al servizio della comunità. Come tutte le strade che ho percorso, anche questa richiede tempo e passione».

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