I frati vogliono indietro la struttura museale

Ieri c’è stata la prima udienza che oppone i religiosi alla fondazione “Vico” Sullo sfondo la possibilità che venga creata una realtà alberghiera

CAPACCIO. Finisce in tribunale la querelle tra l’Ordine dei frati minori e la “Fondazione “Vico” che, all’interno del convento di S. Antonio, ha allestito dal 2003 il museo “Paestum nei percorsi del Grand tour”. Negli ultimi mesi non solo è stata “sfrattata” ma è stato anche impedito l’accesso ai locali da uno dei due ingressi principali. Ieri presso il tribunale di Salerno davanti al giudice Emma Conforti si è tenuta la prima udienza.

Presente, in rappresentanza Fondazione il direttore del museo Eustachio Voza. Il procedimento giudiziario è stato avviato dall’Ordine dei frati minori, che ha citato in giudizio la Fondazione sostenendo che i locali non vengono utilizzati dalla stessa «pertanto devono rientrare in possesso della Provincia religiosa dei frati minori» che ha revocato la convenzione di comodato d’uso.

La Fondazione Giambattista Vico nel 2002, ha avuto in concessione gratuita gli spazi, situati al primo piano del convento di S. Antonio, per la realizzazione del museo, inaugurato nel 2003. L’ente religioso in una nota ha sostenuto che «i numerosi locali concessi in comodato d’uso alla Fondazione restano chiusi e non vengono utilizzati per le finalità stabilite, quali attività culturali, mostre di quadri ed altre opere d’arte». L’ente religioso comunica « la volontà di risolvere il contratto di comodato d’uso sottoscritto in data 25 maggio 2002, con invito a restituire l’immobile detenuto».

La prima richiesta risale allo scorso febbraio 2011. Dopo il diniego della Fondazione, presieduta da Vincenzo Pepe, è stata aperta una vertenza. L’ente religioso infatti, si è rivolto al tribunale rivendicando il diritto di riavere indietro l’uso dei locali dati in comodato. «Va subito precisato – afferma Voza – che dal giorno dell’inaugurazione il museo non ha mai subito chiusure. Per la ristrutturazione e l’allestimento museale abbiamo speso quasi un milione di euro, riportando a Paestum oltre 120 opere di valore assoluto ed impedendo che molti pezzi di collezione archeologica privata fossero venduti all’asta all’estero, per farli rimanere nel territorio. Il museo dal luglio 2003 è stato sempre molto attivo con l’organizzazione di numerose iniziative culturali. Non comprendiamo quale sia la funzione originaria, prima del museo c’era una macelleria chiusa da decenni e locali fatiscenti. Oppure vogliono destinarla alla ricettività turistica, come il resto del convento, quale un centro di accoglienza religiosa per pellegrini, che di fatto sono turisti paganti a tutti gli effetti».

La Fondazione ha investito nelle opere di ristrutturazione oltre 600.000 euro. La vertenza resta aperta.

Angela Sabetta

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