I destini incrociati di D’Auria e Gambino

Riprende martedì il processo “Linea d’ombra” e torna alla ribalta il sostegno di Michele all’ex consigliere regionale

PAGANI. Dalle accuse di estorsione aggravata alle campagne elettorali, passando per il ruolo di dirigente al Consorzio di bacino Salerno 1; dai rifiuti alla convention al Palazzurro per le regionali, con pezzi grossi del calibro di Nicola Cosentino, “’O Mericano” di Casal di Principe, politico Pdl accusato di connivenze con i Casalesi. L’ascesa di Michele Petrosino D’Auria s’incrocia con quella di Alberico Gambino, fino allo scranno del consiglio campano. D’Auria è amico del consigliere provinciale Massimo D’Onofrio, dell’avvocato Giovanni Pandolfi Elettrico e di altri esponenti politici paganesi. Ha rinnegato i suoi errori di gioventù, smarcandosi dal ruolo di capoclan del padre, il boss Gioacchino “spara spara”. Per i pentiti Alfonso Greco, Vincenzo Greco e Matteo Principale, la sua influenza criminale puntava agli appalti, dalla gestione dei parcheggi a Pagani alla risistemazione di pregiudicati all’interno delle maestranze del settore rifiuti.

Nessuna sovrapposizione col fratello Antonio, ritenuto invece un capo dedito alla strategia dell’inabissamento. «Sono a conoscenza che sia lui che il fratello non hanno mai smesso di fare attività delittuose – ha riferito Matteo Principale nel verbale del 27 marzo 2010 - solo che per un periodo si sono messi dietro le quinte».

Il denaro illecito, secondo i pentiti, veniva reinvestito in aziende, società di costruzioni della zona, baracche da mercato ortofrutticolo, cooperative, usura e società di trasporti. Da Pagani a Sant’Egidio del Monte Albino, Michele D’Auria si muoveva tramite rapporti diretti col clan Greco-Sorrentino. Lo ha spiegato il collaboratore Alfonso Greco al processo “Linea d’ombra”, parlando dell’imbeccata imprenditoriale arrivata dal suo “compariello” di Pagani, l’uomo vicino alla politica Pdl paganese e amico di Alberico Gambino. Secondo Greco , D’Auria suggerì di gestire l’attività dei parcheggi così come avvenuto a Pagani, con l’interessamento del clan Fezza-Petrosino D’Auria.

Concorde anche la testimonianza allo stesso processo dell’avvocato Enzo Calabrese. «Michele Petrosino D’Auria attribuì a se stesso la gestione dei parcheggi , disse che aveva tolto dalla strada tante persone, le stava riabilitando e si accreditava come interlocutore privilegiato della provincia e del presidente Cirielli». Dopo alcune disavventure giovanili, il suo percorso puntava alla politica. Dai manifesti affissi “per appoggio spontaneo” al sindaco Gambino, come confermato dallo stesso ex primo cittadino nell’interrogatorio in aula, ai messaggini arrivati fino al telefono dell’ex comandante dei vigili urbani, Dino Rossi. Michele D’Auria per la procura antimafia era il volto pulito del clan, esempio del nuovo modus operandi della criminalità, infiltrata nelle maglie dell’amministrazione, in grado di condizionarla fino a camminarci a braccetto.

Michele D’Auria, assolto “per non aver commesso il fatto” da una accusa di tentata estorsione ai danni di due imprenditori, in attesa di due udienze preliminari per lesioni a un dipendente del Consorzio e per spaccio in concorso, condannato per una vecchia estorsione aggravata dell’agosto 2000, da imputato al processo “Linea d’ombra”, al fianco di Gambino gioca la partita decisiva.

Alfonso T. Guerritore

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