«I clan appoggiarono Gambino, D’Onofrio e anche Carpentieri»

Al processo Linea d’ombra il pentito Greco parla dei politici Cene per festeggiare i risultati elettorali e l’affaire parcheggi

PAGANI. Il giorno di Alfonso Greco, ultimo dei cinque collaboratori da sentire, figlio del boss Vincenzo, chiude la lista testi dell’accusa con altri riferimenti pesanti a Gambino, ai Petrosino D’Auria e ad altri esponenti politici dell’Agro nocerino.

L’uomo condannato per l’efferato omicidio De Risi, esponente di spicco del clan Greco-Sorrentino, in grado di gestire grossi quantitativi di stupefacente, è partito dal suo stretto rapporto con Michele Petrosino D’Auria, anello di congiunzione con l’allora sindaco di Pagani Alberico Gambino. «Michele era mio compare di cresima – ha spiegato al tribunale durante l’esame condotto dal Pm Montemurro - si occupava di parcheggi e spazzatura, cose lecite e illecite. I guadagni li divideva con il fratello Antonio, con Tommaso Fezza, e il clan. Tutti gli operai che lavoravano a Pagani li faceva assumere lui. Quando prese la gestione dei parcheggi mi disse che me li faceva prendere anche a me».

Proprio sull’affare parcheggi Greco racconta dei suoi rapporti con amministratori di Sant’Egidio. «Andai dall’assessore Vincenzo Sorrentino, parlammo col sindaco Carpentieri, io e mio padre lo conosciamo da una vita, gli diamo del tu, e quello disse che quando i parcheggi erano pronti non c’erano problemi. Gli dissi semplicemente che mi servivano i parcheggi. Così anche riguardo l’appalto per una scuola». L’affare parcheggi sarebbe stato chiuso, secondo Greco, tramite Michele Petrosino, in grado di “prestare” una ditta. «Me l’avrebbe fatta avere lui, la ditta, era quella intestata alla moglie di Gerardo Pagano, cugino di Michele Petrosino D’Auria». Alfonso Greco, per la procura prova concreta dello scambio elettorale politico mafioso, ha confermato la sua assunzione al Consorzio di bacino , cantiere di Pagani. «Anche io fui assunto al bacino, andai a Salerno all’agenzia, portai i documenti e feci il nome di Michele e poi mi assunsero. Tutti quelli assunti al consorzio li ha fatti asusmere Michele». Sullo status degli esponenti del clan Fezza Alfonso Greco non ha dubbi.

«Michele Petrosino è uno che conta dal punto di vista criminale, il padre è stato sempre con Tommaso Fezza, e quando Michele chiedeva voti li davano, senza chiedere perché, per avere in cambio cose nell’interesse del gruppo. Lui mi diceva di fare campagna elettorale per Gambino, perché così avremmo avuto appalti, sui parcheggi , per controllare Multiservice». Dopo le elezioni, Greco riferisce di festeggiamenti specifici.

«Francesco Marrazzo organizzò la festa alla Montalbino, c’erano Marrazzo, Trapani, Petrosino, e poi – puntualizza riferendosi ad una ulteriore circostanza - ci fu anche una festa a casa di Massimo D’Onofrio, anche lui era amico di Michele Petrosino, la festa era per le provinciali e lui era il vicesindaco di Pagani».

L’udienza, aggiornata al prossimo nove luglio per i primi esami degli imputati, si è chiusa con la seconda deposizione del tenente di Pagani Marco Beraldo, che ha ricostruito le zone d’influenza della città, “Lamia, bronx, palazzine e Barbazzano”, rimettendo insieme la storia delle famiglie criminali, dalla nuova famiglia ai cutoliani. Prossima udienza il sedici luglio.

Alfonso T. Guerritore

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