I Bertolini si difendono «Estranei a tutte le accuse»

Ascea, padre e figlia sono finiti ai domiciliari per bancarotta fraudolenta L’azienda cilentana è leader nel settore della produzione del calcestruzzo

ASCEA. «Chiariranno tutto davanti al giudice» assicurano i legali di Giuseppe e Marianna Bertolini, padre e figlia, arrestati venerdì scorso ad Ascea per bancarotta fraudolenta.

Il patron del Calcestruzzo Bertolini e la figlia sono «provati e soprattutto ansiosi di chiare la propria posizione», fanno sapere gli avvocati. Sono accusati di un crack da un milione e mezzo di euro. Giuseppe, 63 anni amministratore della Beton Bert e la figlia Marianna, 33 anni, amministratrice della Calcestruzzo Bertolini, dovranno essere interrogati nei prossimi giorni dal gip. Le indagini avviate dai carabinieri del capitano Starace sono proseguite con degli accertamenti finanziari da parte delle Fiamme Gialle della tenenza di Vallo della Lucania, agli ordini del tenente Giovanni Statello. Sotto sequestro sono finiti trenta veicoli della ditta, per un importo complessivo di circa un milione e mezzo di euro. L’attività investigativa dei finanzieri ha evidenziato come l’imprenditore avrebbe causato il dissesto della società, operante nella gestione del calcestruzzo, distraendo dal bilancio della società circa un milione e mezzo di euro.

L’analisi del bilancio e le indagini sui movimenti finanziari hanno permesso di ricostruire con esattezza tutte le operazioni societarie eseguite prima della dichiarazione di fallimento e, successivamente, dalla figlia Marianna, amministratrice della Calcestruzzo Bertolini, ditta subentrante. Ed ora a tremare sono anche i dieci dipendenti della azienda che rischiano il posto di lavoro.

Giuseppe e la figlia sono entrambi molto conosciuti nella zona. Giuseppe è stato anche consigliere e assessore nel comune di Ascea negli anni ‘80 e ’90. Imprenditore molto stimato, negli anni aveva dato occupazione nella sua azienda a decine e decine di lavoratori locali. Il calcestruzzo “Bertolini” è infatti stato uno dei primi impianti nati lungo la costa del Cilento. Un punto di riferimento negli anni ’80 quando l’edilizia andava forte anche in questa zona. Determinante per le indagini è stata la relazione eseguita dal curatore fallimentare Massimo Sodano. L’imprenditore avrebbe provocato il dissesto della società . Le indagini sono state dirette personalmente dal sostituto procuratore del tribunale di Vallo della Lucania, Alfredo Greco. Gli arrestati, difesi dagli avvocati Di Vietri, Segreto, Carrato e Giovine, sono ai domiciliari.

Vincenzo Rubano

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