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«Ho scelto di partorire Sara in casa»

Veronica Murino aveva dato alla luce la primogenita in ospedale: «Un’esperienza da incubo che non ho voluto ripetere»

SALERNO. Lunedì mattina è nata Sara. Una meravigliosa bimba di 3 chili e 400 grammi in perfetta salute. Fin qui non ci sarebbe nulla di eccezionale, tranne la gioia di genitori e amici, se non fosse per un particolare: la piccola è stata partorita in casa. La sua mamma, Veronica Murino, alla seconda gravidanza, e il suo papà, Gianluca De Martino, hanno deciso di intraprendere un percorso che ha il sapore di un ritorno al passato, ma che, in realtà, è una frontiera del futuro, condivisa da molti genitori soprattutto nel Nord Europa.

In Olanda, ad esempio, circa il 40 per cento delle donne decide di dare alla luce il proprio bambino tra le mura domestiche, mentre in Italia la regione capofila è l’Emilia Romagna. «Ero quasi al settimo mese quando ho iniziato un percorso di confronto e di supporto preparto» ricorda Veronica Murino. «Quando ho partorito in ospedale la mia primogenita è stata un’esperienza traumatica: sono stata lasciata sola per tutto il tempo del travaglio, mi è stata somministrata l’ossitocina, poi mi è stata praticata la cosiddetta manovra di Kristeller (una pratica sconsigliata in molti Paesi) e infine la piccola è stata presa con la ventosa. Per fortuna – continua – la mia piccola Giulia stava bene, ma per me è stato un incubo. Un parto per nulla rispettoso dell’aspetto fisiologico e naturale». Per la sua secondogenita, Veronica Murino voleva evitare a tutti i costi di ritrovarsi nelle stesse condizioni così, è venuta a contatto con un gruppo di mamme seguite da due ostetriche: Emanuela Errico e Alessandra Dell’Orto. «Con loro ho iniziato un percorso non solo di presa di consapevolezza del mio corpo, ma soprattutto psicologico e, insieme a mio marito, abbiamo deciso di far nascere in casa la nostra piccola». Così è stato e Sara ha emesso il primo vagito nel bagno di casa. «Durante il travaglio – spiega – ho avuto la libertà di muovermi e assumere le posizioni che volevo, poi sono stata in acqua per un pò fino a quando la piccola è venuta al mondo. Da quando è nata abbiamo avuto subito un lungo contatto pelle a pelle, senza il trauma della nursery. È stato un viaggio meraviglioso, nella più totale intimità, vivendo a pieno ogni emozione in totale condivisione con mio marito».

Protetta dalle mura domestiche, Sara, è nata con la procedura del Lotus Birth, una metodologia che nessun ospedale applica e che prevede di non recidere il cordone ombelicale lasciando la placenta fino a quando non si stacca. Così, il neonato assume tutto il sangue placentare fondamentale per la costituzione del sistema immunitario. «Il presupposto per cui il parto è un evento rischioso è una sovrastruttura culturale», spiegano le ostetriche Emanuela Errico e Alessandra Dell’Orto. «Se la donna è in salute – chiarisce Emanuela Errico – non c’è ragione di temere che i bimbi possano nascere in casa, anzi è un modello che riduce al minimo le interferenze e assicura continuità assistenziale. A differenza di 50 anni fa, oggi, le case sono attrezzate e l’igiene è assicurata. Non si deve immaginare una donna stesa sul tavolo con un’ostetrica sconosciuta. Il nostro lavoro di supporto e di presa di consapevolezza del corpo da parte delle gestanti inizia mesi prima, è su misura della donna e continua fino alle prime settimane post parto».

Le due ostetriche (in Campania ce ne sono 4) sono libere professioniste, sono specializzate al master della scuola elementale di arte ostetrica di Firenze e sono consulenti scientifiche a supporto del comitato “Nascere a Salerno”. «Il parto in casa – spiega Alessandra Dell’Orto – non comporta nessun rischio di sorta, anzi, per certi versi, è più sicura perché diminuisce i rischi che derivano dalla medicalizzazione. E siamo noi per prime ad assicurarci di avere un ospedale vicino nel caso sorgessero complicazioni». Son oltre qualche decina i bimbi campani che nascono in casa ogni anno, un dato che è in aumento. «È stata un’esperienza indimenticabile» conclude Gianluca De Martino, il papà di Sara. «Mia moglie è stata ascoltata e, insieme, abbiamo condiviso un momento di gioia. Non si è trattato di una scelta ideologica, ma consapevole e guidata». Una decisione, racconta, «che suscita ancora stupore tra le persone: le impiegate dell’anagrafe del Comune di Pellezzano erano sbigottite. Qui era da almeno 50 anni che non veniva al mondo una bimba».

 

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