LA STORIA

«Ho il Parkinson, appiedato dai burocrati»

Raguso rischia di perdere l’autista-amico che lo accompagna da 4 anni a causa della lentezza nei pagamenti della Regione

SALERNO - «E perché, quella volta che mi hanno sbagliato le terapie, ti ricordi... E quell’altra volta che siamo dovuti correre...». A guardarli parlare seduti al tavolino di un bar di via Irno sembra che siano due amici, di quelli di vecchia data con cui c’è un’intesa particolare che nasce da una conoscenza profonda. «Per lui cornetto vuoto »: non c’è nulla che l’uno non sappia dell’altro. Perché tra il signor Maurizio Raguso e il suo autista si è creato un legame speciale, unico, come quello tra Philippe e Driss nel noto film francese “Quasi amici” del 2011 e diretto da Olivier Nakache e Éric Toledano, ispirato ad una storia vera, quella del tetraplegico Philippe Pozzo di Borgo e del suo badante Yasmin Abdel Sellou. Un rapporto, quello di Raguso e il suo autista, durato 4 anni che ora, per colpa della burocrazia, dei ritardi e delle inefficienze degli uffici comunali e regionali rischia di essere interrotto.

La storia. Il signor Raguso, dopo anni tra scorsi tra l’Europa, l’America e il Sud Africa per il suo lavoro nei casinò, ha scoperto di avere una grave forma di Parkinson particolarmente resistente a tutte le terapie. Per questo, rientra in un programma sperimentale della Regione che gli consente di avere accesso a cure particolari che, almeno in parte, dovrebbero rallentare il progredire della malattia. E ha anche diritto a usufruire di un servizio di trasporto finanziato dalla Regione. Quattro anni fa, quindi, gli viene assegnato un autista, con licenza taxi, che lo accompagna a sbrigare servizi e, soprattutto, lo porta in ospedale per le terapie a cui, periodicamente, deve sottoporsi. Il signor Raguso riceve un blocchetto con dei buoni corsa (gialli per la città e rosa per le visite mediche) che devono essere rimborsati così da pagare il dovuto all’autista. «In realtà si tratta soltanto di 15 buoni (considerando che proprio qualche giorno fa sono stati ridotti di 5) che servono sia per l’andata che per il ritorno», spiega. Come se non bastasse, il rimborso viene erogato con estremo ritardo. «All’inizio si trattava di aspettare quattro mesi, ora siamo arrivati a otto. Mi sembra che più che un servizio per i disabili si tratti di una presa in giro a tutti gli effetti», sottolinea il signor Raguso raccontando l’ennesimo caso in cui si ritrova a dove combattere contro procedure e indifferenza.

Regole e burocrazia. In pratica, per poter ottenere il rimborso mensile dei buoni dalla Regione, l’autista del signor Raguso deve attendere che siano gli uffici comunali ad attribuire un numero alla sua pratica che, soltanto a quel punto, può arrivare agli uffici regionali per lo sblocco dei pagamenti. Ed è nell’attesa che si compiano questi passaggi che passa il tempo. «Non vorrei mai lasciare Maurizio - spiega l’autista ma per me questo servizio non è più sostenibile economicamente. Pensi soltanto a quanto mi costa la benzina che devo anticipare». Per il signor Raguso, l’alternativa sarebbe quella di rivolgersi alle cooperative ma, come spiega lui stesso «sarei trattato come un pacco postale: accompagnato e lasciato lì. E comunque dovrei condividere l’auto con altre persone e, nelle mie condizioni, non mi sento affatto sicuro ».

La battaglia contro i disservizi. Da quando, dopo un errore di diagnosi che gli stava costando la vita, ha scoperto di avere questa particolare forma di Parkinson ed è dovuto ritornare a Salerno, il signor Raguso ha iniziato anche una personale battaglia con le grandi e piccole mancanze e disservizi delle istituzioni della pubblica amministrazione e sanitarie che si traducono in ingiustizie e prevaricazioni. «Il mio unico desiderio - dice senza ombra di tentennamento o di possibile ripensamento - è andare via da questa città e dalla sua inciviltà. Io mi vergogno di essere italiano e vorrei che mi fosse tolta la nazionalità perché questo è un Paese indegno. Non voglio nemmeno essere seppellito in Italia».

Eleonora Tedesco