«Hanno impiegato un mese per operarmi alla testa»

L’odissea di un malato che apprezza i medici ma accusa l’organizzazione «Non è possibile aspettare tanto solamente perché manca il personale»

«La mia storia non è straordinaria, è quella che vivono tante persone che si rivolgono all’ospedale di Nocera Inferiore»: Pasquale, nome di fantasia, ha atteso quasi due mesi per essere ricoverato all’Umberto I e quattro settimane per essere operato. La sua epopea, simile a molte altre, si è conclusa da qualche giorno.

A mettersi di traverso non è stata la malasanità, anzi: «A Nocera – racconta l’uomo, sessantenne di origine napoletana – ci sono medici eccellenti e operatori di grande qualità». Le sue difficoltà sono riconducibili alle tribolazioni vissute dal personale, che influiscono sulle attività dei reparti e del blocco operatorio. Gli infermieri hanno raggiunto il tetto di straordinario e la legge 161 del 2014 impedisce ogni possibile manovra riguardante i turni. Pasquale deve la vita ai medici di neurochirurgia, per questo dice che «è assurdo operare solo il lunedì e il giovedì. Se ci fossero più infermieri a disposizione delle sale operatorie, si potrebbero fare cose straordinarie, considerando le eccellenti professionalità che ci sono in neurochirurgia, come in tutti gli altri reparti nocerini». I suoi problemi risalgono a un anno e mezzo fa. Si rivolge a una serie di ortopedici perché lamenta un dolore alla gamba. Fa visita a numerosi ospedali, in ultimo a quello di Sarno, dove gli prescrivono fisioterapie e vitamine. Il dolore non passa e un familiare gli dice di chiedere il consulto di un neurologo. Incontra uno specialista del Vesuviano che gli prescrive una risonanza magnetica, cui il sessantenne si sottopone a inizio 2016. L’esame non è molto chiaro. Il neurologo glielo fa ripetere col contrasto. I medici della struttura privata gli danno appuntamento dopo dieci giorni, ma il pomeriggio stesso della risonanza lo richiamano perché riscontrano un aneurisma.

In preda alla paura Pasquale corre al pronto soccorso dell’ospedale di Nocera Inferiore, è fine gennaio. I camici bianchi lo esaminano e gli dicono di tornare dopo qualche giorno per una consulenza specialistica. È inizio febbraio e il sessantenne si sottopone a una nuova risonanza magnetica e a una tac. Il referto è inappellabile: aneurisma cerebrale e mielopatia cervicale. Lo specialista che lo prende in cura a Nocera programma l’intervento dopo un mese, ma da febbraio il sessantenne è convocato per il ricovero il 18 aprile. La situazione all’Umberto I è però già critica, il personale lamenta di non riuscire a coprire i turni.

Di traverso si mettono pure due festività: il 25 aprile e il primo maggio. L’intervento è fissato entro il 9 maggio. Sono necessarie due sedute.

I medici decidono di rinviarlo ulteriormente perché bisogna rimuovere prima l’aneurisma. Pasquale entra in sala operatoria il 16 maggio, ventotto giorni dopo il ricovero. Il problema alla cervicale è risolto il 26 maggio. Tutto va bene e il 30 maggio, quarantatré giorni dopo il ricovero, arriva la dimissione.

«L’altro giorno sono stato a visita di controllo – afferma – e mi hanno detto che sta andando tutto bene. Anche la gamba ha ripreso a funzionare. I medici e gli infermieri nocerini sono stati meravigliosi, senza di loro tra qualche anno sarei finito sulla sedia a rotelle». Una storia di buona sanità che si scontra con i limiti della struttura e della pianta organica. «Dicono che non ci sono i soldi per il personale – riflette Pasquale –, ma i tempi di attesa non sono comunque dei costi per il servizio sanitario?».

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