«Ha soltanto buttato fango Panico non è credibile»

Politica e camorra a Pagani: ieri altra giornata dedicata alle arringhe difensive Il grande accusatore definito da un avvocato “concusso a fasi alterne”

PAGANI. La figura di Amerigo Panico, imprenditore titolare del Pegaso, torna al centro delle arringhe difensive, tenute ieri dagli avvocati dell’architetto Giovanni De Palma e del presidente della Paganese Calcio Raffaele Trapani.

«Panico è un imprenditore in rapporti idilliaci con gli amministratori, lo dice lui stesso – ha spiegato l’avvocato Agostino De Caro. «La realtà investigativa ha proposto forzature con distanze siderali dalle risultanze dibattimentali.Nel 2006 Panico è concusso da Gambino per la Paganese, un anno dopo lo sponsorizza volontariamente. Poi contribuisce alla campagna elettorale nel 2012, e poi un anno dopo il naso si è storto perché non ha avuto qualcosa. Può essere Panico a decidere cosa è giusto e cosa no? A me sembra concusso a fasi alterne». E via con le domande l perché dell’intero processo. «C’è il virus della concussione, la minaccia? Come si può evocare l’interesse camorristico per un contributo di 1500 euro, assunzione di gente della zona, contributo alla squadra di calcio?». Le anomalie di Panico si legano anche al suo arresto. «Concordo su chi sostiene sia stato frettoloso perché Panico aveva confessato la bancarotta. Questo non inficia le sue dichiarazioni. Ma deve far pensare in astratto ad un’attitudine a coltivare i suoi interessi».

E lo stesso Panico, secondo l’avvocato, smonta la posizione di Di Palma. «Mai subordinato nulla, fatti tecnici, non mi ha mai minacciato. Lo dice Panico. E Di Palma si occupa solo del conteggio della monetizzazione con un risparmio di 85mila euro per Panico».

Identico ragionamento lo fa l’avvocato Carlo De Martino, che per difendere Di Palma rievoca semplicemente il processo. «Tutto si è dissolto. C’è voluta una lunga detenzione. Il miglior difensore del De Palma è Panico. E’ lui stesso a dire che non ha nessun ruolo tranne quello tecnico. Basta leggere il controesame di Panico». Le arringhe di ieri si sono chiuse con Bonaventura Carrara, ancora per Trapani. «Sono arrabbiato perché credo che in questo processo si è cercato di buttare del fango su una città colpendo l’amministrazione e la squadra di calcio. Così è accaduto per Trapani. Luca Panico non fu costretto a entrare nella società, c’era per un interesse preciso, c’è un teste difensivo, Francesco Pepe, che lo dice. C’è la capziosa determinazione di un imprenditore di tirare dentro persone».

(a. t. g.)

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