Rosario Amato e la moglie uniti in matrimonio da don Luigi

le testimonianze

«Ha portato la Chiesa nelle periferie coinvolgendo i giovani grazie al calcio»

Quarant’anni di storia, di celebrazioni religiose, di supporto ai propri concittadini e soprattutto a quei ragazzi che tanto aveva cercato di avvicinare alla sua grande passione, lo sport

Quarant’anni di storia, di celebrazioni religiose, di supporto ai propri concittadini e soprattutto a quei ragazzi che tanto aveva cercato di avvicinare alla sua grande passione, riuscendoci: lo sport. La notizia della scomparsa di don Luigi Zoccola è stato un forte colpo perla comunità di Torrione Alto e della sua parrocchia di San Felice in Felline. Tante le persone da lui portate fino all’altare nel giorno più bello, tante quelle guidate in campo grazie alla sua passione per il calcio e per la sua squadra, lo Dz Picenia.

SALERNO. «Ricordo molto bene quel giorno in cui portò all’altare me e mia moglie – racconta Rosario Amato, vigile del fuoco salernitano – Era il 19 giugno 2011 e ricordo che era il giorno di Salernitana-Verona, partita dei playoff per andare in serie A. Lui era un grande tifoso. A un certo punto, durante l’omelia, disse queste parole: “Questo è un giorno così importante per voi, per la nostra città e per... la Salernitana”. Ci fece tanto ridere. Era una persona molto buona, per nulla veniale, molto disponibile nell’accontentare tutti. T’invogliava in tutto. La prima cosa che balzava agli occhi, durante le sue messe, era la presenza straordinaria di tanti ragazzi. Aveva una capacità innata di parlare a loro, pur non essendo più giovane».

Don Luigi fu anche colui che unì in matrimonio Ugo Piastrella, noto regista e attore di teatro salernitano, che di ricordi ne ha in abbondanza: «L’ho conosciuto per un breve momento, poco prima di andare via da Torrione – ricorda Piastrella – e,erbene, molto animata dalla volontà di coinvolgere i ragazzi. Due gli aneddoti. Il primo, durante il mio matrimonio. Il giorno prima di sposarmi, nel 1978, dovevamo decidere insieme, io e mia moglie Elvira, quali letture leggere durante la celebrazione. Le scegliemmo. Ma il giorno dopo ebbi delle forti difficoltà perché mi trovai davanti un altro testo, tant’è che sbagliai a leggere le parole, tra le risate delle persone presenti. Dopo, quando capii che era stato lui a modificare il testo, andai da lui e mi disse: “Ci ho pensato su, e mi son detto che quelle altre letture erano più adatte a te”, così, senza scomporsi. Un’altra volta capitò invece che mi trovai ad una sua messa. Era da tanto che non lo vedevo. Durante l’omelia, s’interruppe e, guardando verso di me mi disse: “...è vero Ugo?”. Rimasi di sasso, con tutta la gente in chiesa che si voltò per guardarmi mentre io ero imbarazzatissimo. Lui era così. Voleva renderti partecipe, e fu molto felice di rivedermi quel giorno. Era tutto quello che un parroco dovrebbe essere, anche quando dall’altare si sfogava contro un’ingiustizia o un provvedimento sbagliato da parte di un’istituzioni. Don Luigi Zoccola era unico».

La passione per lo sport e per la sua squadra, fondata anni prima dal padre Domenico, era l’altra faccia di don Luigi, come ricordano anche Francesco Manzi e Francesco Zolfanelli. «Era uno sportivo – ricorda Manzi – Riusciva ad aggregare tanti giovani, anche se non riuscì a farsi ben volere dagli altri sacerdoti. Diceva sempre: “Mi hanno sempre lanciato le pietre”, ma la verità è che lui è sempre stato un parroco anticonformista. È stato il precursore di quel che ha poi detto papa Francesco, ovvero di andare nelle periferie. Ed è quello che faceva, portando i ragazzi nel suo oratorio e facendoli giocare nella sua squadra, il Dz Picenia, tra Promozione e la Prima categoria. Era un elemento di spicco del centro sportivo salernitano e fu premiato anche dal Coni tant’è che più volte si definì l’atleta di Dio».

«Sono stato terzino per un anno nella squadra di don Luigi – racconta infine Zolfanelli – Un solo anno, ma molto intenso. Prima delle trasferte ci portava sempre a messa e dopo la partita si vinceva o si perdeva, si stava sempre insieme a festeggiare. Sempre di supporto, non ha mai lasciato indietro nessuno. Pretendeva sempre un comportamento leale con gli avversari e non gli importava di vincere. Da quando si è ammalato, la squadra non è stata più iscritta. Non aveva più senso senza di lui».

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