Guerra tra i senzatetto Devastata una panchina

Piazza di Mercatello presa d’assalto dai clochard: i residenti sono esasperati La storia di Letizia, costretta a vivere sul marciapiedi di via Fiume

La sua vita è tutta lì. Due trolley colorati e un bustone di plastica nel quale sono stipati ombretti, rossetti, qualche vestito, le scarpe di ricambio e una vecchia coperta che non vede l’acqua da almeno due anni. E’ da allora che Letizia Trapani dice di vivere per strada, anche se big woman, come qualcuno l’ha ribattezzata, da anni girovaga per i quartieri della città. Dopo essere stata sfrattata dal centro storico e poi dal lungomare, da due settimane si è trasferita a Mariconda, scegliendo la panchina di via Fiume come sua abitazione. Lì dormiva, lì aveva attrezzato una busta dell’immondizia, lì si lavava servendosi di bottiglie d’acqua e lì faceva i suoi bisogni. A cielo aperto. Parcheggiata tra rifiuti e escrementi. Ci viveva fino a mercoledì sera, quando qualcuno, nella notte, ha deciso di distruggere quel metro di pietra ingrigita a colpi di martello, riducendola a un cumulo di materiali di risulta. Quando l’ha vista, non ha battuto ciglio. Si è seduta sulle macerie rifiutandosi di lasciarla anche quando gli operai del Comune sono intervenuti per transennarla. «Mi odiano talmente tanto che sono arrivati a fare una cosa del genere», sbotta tra le lacrime, snocciolando le tappe di una vita fatta di lutti: la morte del padre, un rapporto tormentato con la madre ed il fratello, gli altri familiari assenti, la perdita prematura di un figlio e una figlia sottrattale dagli assistenti sociali che ora non vede e non sente più. Nel mezzo, «mi hanno aggredita e rapinata due volte, prima 2mila e poi 1.500 euro che avevo messo da parte per i pellegrinaggi - incalza - Da quando mi hanno cacciato da una casetta che avevo in via Silvio Baratta, sono costretta a vivere per strada. Ho il terrore che qualcuno possa aggredirmi». Il quartiere è diviso. C’è chi, come il signor Michele Farina del bar Merida, ne ha pietà e si chiede perchè, nonostante le sollecitazioni, non intervenga mai nessuno, e chi invece la detesta quasi quanto i numerosi stranieri che sostano sulle panchine poste sotto le pensiline dei bus. «Alle volte non possiamo neppure camminare - spiega Antonio Ventre, per cinquant’anni titolare di una storica macelleria - L’altro giorno c’era un polacco steso sul marciapiedi, l’ho dovuto spostare di peso». Il problema principale resta quello igienico: «Fanno i loro bisogni per terra, è un letamaio», dice Virginio Colicino. Ma chi ha distrutto la panchina? Qualche clochard, ipotizzano nel quartiere, con cui la signora avrebbe avuto una discussione per la spartizione di una fetta di riposo a cielo aperto. Letizia invece punta il dito contro qualche esercente a cui ha chiesto aiuto senza riceverne: «Sono disperata. Rivolgo un appello a mia madre affinchè mi riaccolga a casa. Oppure alla chiesa: un ritiro spirituale è la cosa che più desidero nella vita».

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