Guerra tra clan e politica: parla Contaldo

Pagani, il collaboratore di giustizia sta svelando i retroscena dei delitti di camorra nell’Agro nocerino

PAGANI. L’ultimo clan nato nel feudo delle palazzine popolari di Pagani era al suo comando, con una rete di rapporti intessuti con sottufficiali dei carabinieri, esponenti politici, imprenditori e gruppi criminali di altre zone. Sandro Contaldo - da pochi mesi collaboratore di giustizia - ha rappresentato la camorra paganese insieme al gruppo criminale degli Annunziata, lasciandosi dietro la fama di testa calda, alla guida di un manipolo di affiliati pronti a tutto.

Il primo a collaborare era stato il fratello Francesco, alias “Pampanella”, con i magistrati al lavoro sul duro scontro con i Fezza-Petrosino D’Auria. Da quella guerra, con i giovani Nicola Fiore e Antonio Petrosino nei rispettivi mirini del nemico, sarebbe nato un lungo periodo di pace apparente, con gli anni della commistione clan-politica e l’immersione del gruppo criminale della Lamia.

Dal 2003, anno del tentato omicidio di Antonio e Gioacchino Petrosino, seguito dall’agguato mortale a Nicola Fiore, costato la vita ad Alfonso Quaranta, il sangue cessò di scorrere fino al 2007, anno dell’omicidio Venditti. È quello l’epicentro investigativo legato al ruolo di Contaldo, che dal 2001 vide completamente in frantumi il suo sistema criminale, smembrato da blitz e processi.

In quegli anni, sotto il paravento del capofamiglia Gioachino Petrosino D’auria, Spara spara, ritenuto vicino al boss Tommaso Fezza, alias O’Furmaggiaro, cresceva il carisma di Antonio Petrosino D’Auria, che da giovanissimo, secondo alcuni pentiti, aveva già un ruolo decisionale ben individuato, con visione strategica, senso del comando e spiccata propensione criminale.

La Dda puntava ai vecchi esponenti, mentre il giovane “Tonino” lasciava a mani vuote gli investigatori che lo controllavano con le cimici e le intercettazioni, senza una parola una da poter usare per addebitargli alcunchè.

La sua ascesa cominciava nell’ombra, mentre la banda delle palazzine declinava inesorabile. Il gruppo di Sandro Contaldo, costituito dall’altro elemento di spicco, Francesco Annunziata, alias “Nellino o’megalomen”, aveva costruito un sistema che rivendicava il potere a suon di omicidi, faceva rumore e lasciava tracce. Il testimone fu ereditato da Nicola Fiore, “Pallino”, finito in carcere nel 2004 e tuttora detenuto, col gruppo che intratteneva rapporti di scambio con i clan Tavoletta e gli Ucciero dell’area casertana, concentrato per comandare sul territorio paganese. L’agguato ai rivali della Lamia fallì, I Petrosino padre e figlio fuggirono lungo i binari ferroviari di via Tortora. Le verità di Contaldo saranno ora ascoltate nelle aule dei tribunali, dopo gli interrogatori della Dda, impegnata da mesi nel lavoro di riscontro.(a.t.g.)

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