Gregge, preti divisi sul riconoscimento

Prudenza in attesa del faccia a faccia con l’arcivescovo. «Vogliamo conoscere lo statuto dell’associazione»

I parroci chiedono un incontro all’arcivescovo Luigi Moretti, per parlare a viso aperto e senza alcun freno inibitore, della richiesta di riconoscimento avanzata dal Gregge. E pretendono, prima di prendere qualsiasi decisione, di conoscere a fondo lo statuto dell’associazione e di capire quali siano le sue reali finalità. La lettera, in cui sono contenute queste condizioni, è stata inviata al capo dell’Arcidiocesi di Salerno e ora si è in attesa di una risposta. O, meglio, della data che sarà fissata per discutere della vicenda Gregge, che in questi giorni sta alimentando un mare di polemiche. Ma dietro il malcontento palesato da un nutrito gruppo di sacerdoti ci sarebbero anche altri motivi, non legati solo al riconoscimento giuridico, da parte della Chiesa, del gruppo sporto ormai circa mezzo secolo fa e del quale hanno fatto e fanno tuttora parte numerosi preti. In particolare, una vicenda distinta ma che pure secondo alcuni meriterebbe un confronto franco, sarebbe quella degli ultimi avvicendamenti nelle parrocchie. Quindi il caso che riguarda l’Opera del gregge del Bambin Gesù, nata da quella che alcuni definiscono “l’avventura di Caterina”, la veggente depositaria di rivelazioni divine, la cui esperienza non fu mai sottoposta al discernimento ecclesiale, per alcuni sarebbe diventata solo un aspetto di una questione più ampia circa la Chiesa salernitana.

Ad ogni modo, sul caso specifico, sul quale Moretti stesso ha chiesto un contributo non solo ai sacerdoti ma anche ai laici, il clero sembra essere diviso. Da un lato ci sono i religiosi che sono contrari al riconoscimento del Gregge. Dall’altro, invece, coloro che fanno parte dell’Associazione e che avrebbero preannunciato, nel caso in cui non venisse accolto il “messaggio di pace”, ufficializzato attraverso un esplicito documento, di dimettersi da tutti gli incarichi che attualmente ricoprono. Dunque una sorta di aut aut che, tuttavia, ha provocato la risposta dei “contrari” che hanno usato la stessa moneta e “minacciato” a loro volta, qualora fosse recepita la richiesta del Gregge, di abbandonare le cariche ecclesiali.

Per il momento, comunque, nessuno vuole parlare della spinosa questione. Le bocche sono cucite e si preferisce aspettareil momento del confronto diretto con Moretti, dopo lo scambio epistolare intercorso tra l’arcivescovo e i parroci. Prima di allora l’ordine tassativo è di non rilasciare dichiarazioni. Poi si vedrà, anche e soprattutto in seguito alle decisioni che saranno prese. In questa fase, pertanto, si va con i piedi di piombo e molti si trincerano dietro il no comment. Qualcuno, però, fornisce anche le sue motivazioni e spiega il perché preferisca mantenere il riserbo. È il caso di don Alfonso Raimo, parroco di Santa Maria del Carmine di Eboli: «Non voglio alimentare ulteriori polemiche – spiega col consueto garbo – in quanto ritengo che tutta la vicenda sia degenerata sotto alcuni aspetti. Anche perché si corre il rischio, prima che avvenga il chiarimento, che il pensiero di ciascuno possa essere interpretato in maniera non corretta». Sulla stessa lunghezza d’onda è don Daniele Peron, ex cancelliere dell’Arcidiocesi e attualmente parroco della chiesa ebolitana di San Nicola in San Vito al Sele. «Devo ancora parlare con l’arcivescovo – taglia corto – e ritengo poco corretto rilasciare dichiarazioni prima di chiarire la questione con monsignor Moretti». È lapidario don Giuseppe Guariglia, parroco del Sacro Cuore di Eboli, che tra l’altro è stato, negli anni passati, uno dei membri del Gregge, che ricorre ad un’espressione cara a papa Pio IX: «Non posso e non voglio parlare».

La posizione del clero ebolitano, però, è chiara: i sacerdoti della comunità che ha “tenuto a battesimo” il gruppo sorto intorno alla figura carismatica di Caterina Tramontano Albano, hanno messo nero su bianco, in una lettera inviata ai parroci di tutta la diocesi, le perplessità circa il riconoscimento ecclasistico.

Dà appuntamento a dopo Pasqua monsignor Mario Salerno, parroco di San Demetrio a Salerno. «Siamo nella settimana Santa – chiarisce – preghiamo e riflettiamo. Dopo Pasqua decideremo il da farsi».

Chi si esprime a chiare lettere a favore di un riconoscimento ufficiale è, invece, monsignor Franco Fedullo, parroco di San Domenico: «Mi auguro che la procedura possa concludersi al più presto».

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