Governo Badoglio, da Salerno il primo successo diplomatico

14 marzo 1944: dal Palazzo Comunale l’annuncio del riconoscimento da parte dell’Unione Sovietica

Il 14 marzo 1944, la Presidenza del Consiglio del governo Badoglio, insediata dall’11 febbraio nel Palazzo Comunale di Salerno, annuncia il proprio riconoscimento da parte dell’Unione Sovietica: “In seguito a desiderio a suo tempo espresso ufficialmente da parte italiana , il governo dell’URSS e il Regio Governo hanno convenuto di stabilire relazioni dirette fra i due paesi. In conformità di tale decisione sarà proceduto fra i due governi, senza indugio, allo scambio di rappresentanti muniti dello statuto diplomatico d’uso”. Si tratta della creazione di un nuovo stato di fatto con il quale il maresciallo Badoglio spera di sottrarre il suo governo alla soggezione permanente in cui Stati Uniti e Regno Unito tentano di tenerlo, mentre per l’Unione Sovietica si tratta di un passo che le permette di marcare la distanza dagli alleati e preparare la Svolta di Salerno che permetterà l’accesso al governo di Palmiro Togliatti.

Come scriverà Agostino degli Espinosa (Il Regno del Sud, 1946, p. 308), l’evento assumeva il valore di un primo successo della diplomazia italiana del dopo fascismo, che alacre ed abile lavorava nel palazzetto Mobilio di Salerno. Già, perché, contrariamente a quanto generalmente ritenuto, dopo una brevissima collocazione a Palazzo Barone, la sede operativa del Ministero degli Esteri, nel periodo in cui Salerno ospitò il governo nazionale, fu l’elegante palazzetto Mobilio sul Lungomare. L’edificio conserva nel suo androne una significativa testimonianza sia del suo passato di sede istituzionale che della tragedia che di lì a poco, il 24 di quello stesso marzo, si consumerà alle Fosse Ardeatine. Si tratta della lapide commemorativa del napoletano Filippo de Grenet, dipendente del ministero degli Esteri, combattente in Africa come tenente di complemento e agente del Servizio informativo militare che, ferito a Sidi el Barrani, rientrato in Italia, aderì ai “partigiani Bianchi” attivi a Roma al comando del colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo. Il 25 gennaio 1944, i due ufficiali furono catturati dai fascisti e consegnati ai tedeschi che, appunto, li trucideranno alle Fosse Ardeatine. L’iscrizione recita: “Questa sede del R. Ministero degli Affari Esteri / i colleghi di Brindisi e di Salerno / vogliono consacrata all’anima ardente / di Filippo de Grenet / mutilato d’Africa / caduto a Roma sotto il piombo tedesco / ritroveremo il tuo corpo straziato / come oggi la Patria”.

Vincenzo de Simone